La nostra biblioteca - Robert Harris: ''Oblio e perdono'' - Una caccia tra due continenti, su filo della giustizia e della vendetta

- di: Diego Minuti
 
Il tempo sembra avere intaccato, seppure in modo quasi impercettibile, la forza che Robert Harris ha messo nei suoi primi romanzi, quando, non appena arrivato sul palcoscenico mondiale della letteratura con il geniale '''Fatherland'', seppe imporsi, oltre che per la genialità di alcune soluzioni in termini di trama e del suo sviluppo, anche per una accuratezza che non sempre si trova nelle opere che raccontano la Storia o almeno una visione di essa.
L'ultimo opera di Harris, ''Oblio e perdono'' (Mondadori - 434 pagine - 22 euro), continua nel solco del romanzo storico, raccontando le vicende di due fuggiaschi, seguaci di Cromwell, condannati a morte per avere contribuito all'esecuzione del re Carlo, e dell'uomo messo sulle loro tracce da chi, affiancando il nuovo monarca, figlio di quello decapitato, decise che la Storia non avrebbe mai perdonato loro clemenza nei confronti di chi aveva così duramente colpito la Corona.

La nostra biblioteca - Robert Harris: ''Oblio e perdono''

I due fuggiaschi sono i colonnelli Edward Whalley e il genero William Goffe. Il ''cacciatore'' è Richard Nayler, ufficialmente funzionario del Consigli privato del Re, un uomo colpito duramente dal dolore e dal lutto e che, nel cercare di trovare i regicidi, ovunque essi si trovino, ha una forte componente personale prima ancora che d'obbedienza a Carlo II.
Una corsa contro il tempo e le difficoltà, che occupa circa quindici anni e che si prolunga solo perché Nayler della cattura di Whalley e Goffe ha fatto la ragione della sua vita, rischiando la propria. Sempre che vita possa essere quella di un uomo che accusa i due fuggitivi di avere causato la morte della moglie e della figlioletta.

La trama, in fondo, ricalca uno schema classico della letteratura, che si ripete con continuità, mettendo al centro la caccia dell'uomo verso l'uomo, al di là se essa sia giusta.
Solo che in questo caso uno dei protagonisti meno manifesti è quell'oblio del titolo (nell'originale ''Act of Oblivion'') che, accordato come salvacondotto a chi, regicida, si consegna pentendosi, viene cancellato non tanto per una ragion di Stato - quale sarebbe stata la clemenza -, quanto perché esso avrebbe lasciato senza vendetta l'uccisione di un re, anche se non necessariamente amato dai suoi sudditi. Quindi l'oblio e il perdono, che avrebbero dovuto marciare di pari passo, dimostrando che lo Stato giudica e non si vendica, sfumano davanti alla necessità che l'implacabile applicazione della legge sia punizione ed esempio. Se i lealisti non potevano cancellare la memoria dei cinque anni che il puritano Oliver Cromwell aveva passato alla guida del Paese, come Lord Protettore, almeno potevano impartire una lezione postuma a chi aveva creduto in lui. D'altra parte, che clemenza ci si poteva aspettare da chi, una volta restaurata la monarchia, riesumò il cadavere di Cromwell per sottoporlo ad una ''esecuzione'' per punirlo di quello che aveva fatto?

Il racconto di come Richard Nayler anteponga la missione che gli è stata affidata alla sua stessa vita è il tema conduttore di ''Oblio e perdono'', in cui Harris mostra di non avere perso la mano ferma che gli ha consentito di firmare bestseller, con milioni di copie vendute, anche se il tema scelto si muove entro confini ben precisi che forse tolgono un pizzico di attrattiva per un libro che comunque ha il grande merito di descrivere, per un pubblico vastissimo, quel che era il mondo a metà del '600, raccontando, come nello stile dello scrittore britannico, grandi vicende accanto alla vita di tutti i giorni.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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