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Verso il partito dei progressisti? Ma anche no

- di: Redazione
 
Verso il partito dei progressisti? Ma anche no
Le ultime indiscrezioni (sempre che siano tali: spesso e volentieri quelle che per esse vengono spacciate non sono altro che soffiate fatte ad arte per aiutare o affondare un progetto o ambizioni personali) danno per imminente, probabile, vicina, la nascita di una nuova aggregazione politica, che raggruppi coloro che si riconoscono nella definizione di 'progressisti'. Anima del progetto è/sarebbe Giuseppe Conte che qualcosa la deve pure tentare per cercare di recuperare il tracollo di consensi che i Cinque Stelle stanno subendo.

Voci prevedono la formazione di un nuovo partito progressista

L'idea potrebbe (ma, quando c'è di mezzo Conte, bisogna mettere in conto la possibilità, sempre in agguato, di repentini dietro-front a seconda della percezione del pensiero popolare) andare avanti con il coinvolgimento di quella parte della politica italiana che, non riconoscendosi nel Pd, cerca di portare avanti idee diverse, di vera ''sinistra''.
Niente di nuovo sotto il sole, considerato che iniziative del genere sono state frequenti nella storia politica del Paese e che, nella maggioranza dei casi, si sono ridotte a sterili tentativi.
Ma l'ambizione in Conte di ''farsi re'' di un gruppo capace di rastrellare il consenso di chi si sente di sinistra, ma non si riconosce nel Pd, è forte e non sappiamo se alimentata da speranze solo personali o sostenute da sondaggi, strumento a lui tanto caro o tanto temuto.

Però questa nuova (e al momento fantomatica) formazione politica potrebbe avere davanti a sé montagne da scalare, la prima delle quali, riteniamo, sia la probabile difficoltà dei presunti progressisti a consegnarsi, a mani e piedi legati, a chi non ha sempre avuto la coerenza come caratteristica. Questa considerazione è figlia dei quello che Giuseppe Conte ha fatto e disfatto da quando è stato chiamato alla ribalta della politica nazionale, non riuscendo ad affrancarsi dall'aura di indeterminatezza che i Cinque Stelle si portano dietro come peccato originale, pencolando, a seconda della brezza, tra posizioni di sinistra (poche) e di destra (di più), comunque sempre fiutando il malumore della gente. Questo, però, regge sino a quando stai fuori dal Palazzo perché, una volta dentro, sei costretto a prendere delle decisioni ed è qui che arriva il difficile. Come in effetti è arrivato per i Cinque Stelle.

Forse è per questo, per recuperare in termini di immagine, che Conte, nelle ultime settimane, ha compiuto l'ennesima giravolta, facendosi paladino del blocco dell'invio di armi all'Ucraina (ohibò, la stessa linea di Salvini...) e in ogni caso, tanto per restare in tema bellico, costellando di mine e imboscate il cammino del Governo, dimenticando forse che fu proprio lui a firmare i provvedimenti che aumentavano gli stanziamenti per la Difesa.

Non è però una questione di sostanza (chiedere che della questione sia investito il Parlamento, sebbene anche dopo il precedente pronunciamento, è cosa normale in democrazia), quanto di sospetto perché ormai l'idea che Conte dà è quella di cercare qualsiasi pretesto per mettersi per traverso sul cammino di Mario Draghi. Che, ai suoi occhi, è un usurpatore, avendolo sostituito a Palazzo Chigi, di cui evidentemente si sentiva il migliore inquilino possibile. Immagine alimentata da giornali amici, che lo continuano a incensare.
Forse, in un momento come questo, ci sarebbe bisogno di un Giuseppe Conte veramente statista e non invece di leader di un movimento rissoso e conflittuale, in cui, per pazzesco che possa sembrare, a essere voci più ascoltate sono quelle di persone che ne sono uscite. Come insegna l'attenzione su tutto ciò che fa Alessandro Di Battista, di cui quasi si cerca l'assenso per ogni iniziativa.
E' questa anche la conseguenza del fatto che Conte, pur di dare consistenza ad una leadership che gli è stata assegnata, ma che non si è certo conquistata sul campo, ha fatto terra bruciata intorno a sé (i maggiorenti del movimenti lo seguono quasi con distacco) accontentandosi di un 'supporting cast' di livello appena mediocre.

E ora, come avrebbero detto gli Squallor, così come all'elettrotecnico, a Giuseppe Conte ''le venne una bell'idea'', dare una rinfrescata al movimento, flirtando come Bersani e Speranza e quindi proponendosi come elemento aggregatore di una sinistra diversa e, appunto, progressista. Ogni idea resta buona sino a quando non si incaglia in qualche difficoltà, che, in questo caso, potrebbe venire dalla base di Articolo 1 nel momento in cui si dovesse entrare in una fase di decisioni, che richiederebbe il cancellare il passato recente, quando il tandem Conte-Salvini non è che di cose di sinistra ne abbia fatte tante...
Però la definizione di ''progressisti'' intriga, anche se resta da capire rispetto a cosa, quale sia il punto di partenza, quali siano gli obiettivi. Il primo dei quali potrebbe essere quello di una politica energetica diversa e di una economia circolare, cosa questa definizione - depotenziata proprio dai grillini quando hanno governato - possa mai significare. E poi, ma questo è un nostro pensiero, Bersani potrebbe avere qualche difficoltà di carattere personale a dimenticare l'agguato che i Cinque Stelle gli riservarono nel 2013. Che sono sempre nove anni fa, ma che, in politica, sono nulla.
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