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Crollo Firenze: un Paese stanco delle lacrime del giorno dopo

- di: Redazione
 
Crollo Firenze: un Paese stanco delle lacrime del giorno dopo
Mentre ancora si scava per recuperare il corpo dell'unico disperso del crollo di Firenze, sappiamo che ci vorrà del tempo per capire cosa sia realmente accaduto, se ci siano stati errori nel posizionamento delle travi, se la causa è riconducibile ad un cedimento strutturale dell'edificato oppure se uno dei giganteschi e pesantissimi manufatti avesse un difetto di costruzione tale da causarne la caduta.
Questo è il lavoro dei magistrati che, come è giusto che sia, prima di esprimersi devono avere a loro disposizione tutte le perizie necessarie per capire quello che è stato alla base di questa tragedia.
Ma se bisogna avere pazienza per capire (bisognerebbe dirlo alle famiglie delle vittime e a quegli operai che si sono salvati, vedendo sparire sotto tonnellate di cemento i loro colleghi, che forse nemmeno conoscevano), è comunque il momento di fare qualche riflessione, che non vuole essere di condanna di nessuno, se non per lo Stato che è il grande colpevole e lo resterà sino a quando - colmando un gap che si è andato accumulando colpevolmente per decenni e mettendo da parte un sin troppo esagerato rispetto verso alcune categorie produttive - non attuerà le misure necessarie per dare maggiori garanzie di sicurezza ai lavoratori.

Crollo Firenze: un Paese stanco delle lacrime del giorno dopo

Dobbiamo comunque avere sempre il massimo rispetto per chi ci governa, perché da loro ci si aspetta che, in ossequio allo spirito di servizio, mettano tutto ciò che hanno, in termini di energie, capacità e progettualità, per salvare l'Italia dalla deriva di considerare tutto ineluttabile, per evitare che ci si abitui a tutto, persino alle tragedie.
Il ministro del Lavoro, Maria Elvira Calderone, mentre ancora non si era depositata la polvere di cemento sull'edificio in costruzione a Firenze, ha annunciato che nel giro dei prossimi mesi il numero dei controllo degli ispettori del lavoro aumenterà del 40 per cento.
Che, detto così, significa un cambio di velocità positivo.

Ma, guardandolo da un'altra ottica, si traduce nell'ammissione che il sistema dei controlli fino a oggi è stato deficitario, forse addirittura fallimentare, perché quel ''40%'' in più certifica che le ispezioni che si dovrebbero eseguire si limitano oggi a poco più della metà del necessario. E quando diciamo necessario sottolineiamo che un controllo in meno potrebbe significa un incidente in più, forse una morte in più che si sarebbe potuta evitare.
Il settore delle costruzioni è quello che contribuisce in modo più massiccio a questa drammatica contabilità, con circa il 70 per cento degli incidenti sul lavoro che accadono proprio nei cantieri. Davanti ad una mappa in continua evoluzione numerica per quanto riguarda appunto i cantieri, certo non dimenticando altri luoghi di lavoro in cui non sempre le norme di sicurezza sono rispettate, la risposta dello Stato è a dire poco insufficiente.

Ed è definizione benevola se si pensa che, uno in più uno in meno, gli ispettori sono circa 2.200. Ovvero uno ogni 40 mila lavoratori. Sapete quale è il rapporto che l'Ue ''pretenderebbe''? Un ispettore ogni diecimila lavoratori. In pratica, in Italia questo imprescindibile presidio di sicurezza è un quarto del normale.
In queste ore, oltre alla valanga di dichiarazioni, improntate al cordoglio, alla rabbia, alle rivendicazioni, abbiamo colto molti numeri (alcuni li abbiamo anche citati).
Ma uno ci ha veramente sorpreso - ed è forse su questo che il ministro Calderone dovrebbe avviare una riflessione che prepari oggi quel che domani potrebbe evitare nuove tragedie -: la media di anni che passa tra una ispezione e l'altra, per alcuni luoghi di lavoro, è di quattordici anni.

Cosa ci sarebbe da aggiungere di più?
Cosa si potrebbe fare se ormai la pratica del subappalto - che massimizza i guadagni non sempre coniugandoli al rispetto dei diritti del cittadino lavoratore - non è l'eccezione, ma la tragica regola?
Sapere che nel cantiere di Firenze lavoravano una trentina di imprese diverse, per effetto della frammentazione del ''contratto madre'', significa avere la percezione che questo sistema è permeabile a superficialità, ad esempio, nel reclutamento della manodopera che, in un settore come quello delle costruzioni, deve avere una precisa formazione, soprattutto nel settore della sicurezza e dell'infortunistica.
Cosa ci riserverà l'inchiesta sulla strage di Firenze è ancora presto per saperlo. Ma, per favore, che ci si risparmino le lacrime del giorno dopo, che non cancellano il dolore, ma forse, quando sono ad alto contenuto di ipocrisia, servono a ripulire le coscienze, ma solo in favore di telecamera.
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