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Il caos come linguaggio, l’ADHD come metafora: Igorrr mette in musica la mente assediata

- di: Giulia Caiola
 
Il caos come linguaggio, l’ADHD come metafora: Igorrr mette in musica la mente assediata

FOTO: Liis Roden - CC BY-SA 2.0

Nel tempo delle distrazioni infinite, dei pensieri che evaporano al primo impulso e della mente costantemente sopraffatta da stimoli, Igorrr non compone semplicemente un brano. Costruisce un’esperienza, una denuncia, un incubo lucido. Il titolo del suo ultimo singolo è ADHD, come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività che la società contemporanea sembra aver eletto a sintesi del nostro modo di vivere e di percepire.

Il caos come linguaggio, l’ADHD come metafora: Igorrr mette in musica la mente assediata

Ma qui l’ADHD non è solo una patologia. È una forma del mondo, una grammatica della confusione, una lente per osservare la crisi di concentrazione che ci investe tutti. Un cortocircuito che parte dal cervello e si diffonde ovunque: nell’estetica, nella politica, nel tempo stesso in cui siamo immersi. E Igorrr, nome d’arte del compositore Gautier Serre, ne fa un’opera artistica totale.

La forma della frenesia

Nel videoclip che accompagna ADHD, realizzato dal collettivo Meat Dept., non c’è alcuna voglia di rassicurare. L’immaginario è sovraccarico, disturbante, impastato con l’intelligenza artificiale e l’animazione 3D. Un uomo insonne cerca sollievo da uno psichiatra. Ma invece di trovare la quiete, precipita in una spirale visiva e mentale in cui si alternano pasticche, incubi, cervelli operati e riferimenti surreali al cinema anni Cinquanta. Tutto è sfaldato, ironico, splatter, eccessivo.

Eppure tutto è tragicamente vero. Perché quell’ansia di mettere ordine nella mente è la nostra. Perché quel bombardamento visivo che si finge cura e si rivela allucinazione è l’ecosistema nel quale viviamo ogni giorno. La musica, come sempre nei lavori di Igorrr, è una demolizione controllata: IDM barocca, sincopi elettroniche, scale melodiche che si inseguono per poi esplodere, sprofondare, risalire. Una partitura per anime disturbate.

La mente contemporanea come campo di battaglia

Pier Paolo Pasolini parlava della mutazione antropologica. Forse oggi parlerebbe di mutazione neuropsichica. Igorrr lo fa, senza bisogno di tesi. Lo fa con il suono e con la visione. Il cervello, protagonista silenzioso del videoclip, diventa oggetto, scena, materia. E l’ADHD diventa una sigla ridisegnata: Agency for Defense Against Hallucinatory Disruptions. Una fantomatica agenzia che dovrebbe proteggerci dalla realtà deformata. Ma quale realtà non lo è, oggi?

Il paradosso è che a rappresentare questo delirio non è più l’artista umano da solo, ma un connubio tra creatività e algoritmo. Le intelligenze artificiali plasmano paesaggi mentali che assomigliano più alle nostre paure che ai nostri sogni. Il confine tra visione e psicosi si assottiglia. E ciò che resta è una domanda: stiamo ancora vivendo o stiamo reagendo a una successione di scosse continue?

Un’opera disturbante perché autentica

Ci vuole coraggio per fare un videoclip così. Non solo perché mette in scena il disagio senza mitizzarlo. Ma perché, nel farlo, rifiuta ogni didascalia, ogni appiglio rassicurante. ADHD è un’esperienza sensoriale che non concede tregua. Ma in questo sta la sua forza. Non si limita a parlare di un disturbo, lo fa sentire. Lo impone allo spettatore.

In un tempo che ci chiede di essere sempre presenti, produttivi, connessi, Igorrr racconta la fragilità di una mente che non riesce più a distinguere tra input e realtà. E in questa confessione sonora e visiva ci somigliamo tutti un po’. Non serve soffrire davvero di ADHD per riconoscersi. Basta aver perso, almeno una volta, il filo dei propri pensieri.

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