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Riforme: comincia il confronto, ma le parti sono distanti, anche dentro il governo

- di: Redazione
 
Riforme: comincia il confronto, ma le parti sono distanti, anche dentro il governo
Da oggi il grande tema delle riforme è sul tavolo di confronto tra il governo e le opposizioni, le quali che vi arrivano non compatte, con il Terzo polo che fa trasparire una disponibilità a discutere.
Ma la distanza che divide maggioranza e opposizioni è sensibile, e non sta solo sui temi che dovranno essere affrontati (presidenzialismo, premierato e quant'altro), ma sulla prova di forza che il premier intende fare su argomenti che le stanno a cuore e sui quali concedere margini di movimento ben ristretto a chi non la pensa come lei.
La ricerca di una formula che consenta a chi governa di farlo, liberandolo da ricatti, condizionamenti e dispetti è palese in Giorgia Meloni che, forte dei numeri che vanta in Parlamento, fa la voce grossa e, anche se mostra la volontà di dialogare, non dà certo l'impressione di volere avviare con le opposizioni una trattativa che stravolga quel che ha in testa lei.

Riforme: comincia il confronto, ma le parti sono distanti, anche dentro il governo

''Basta con le legislature ostaggio di chi cambia casacca. Il governo - ha detto il premier - dialogherà con i rappresentanti dei partiti sulle riforme istituzionali necessarie all'Italia. Intendiamo ascoltare attentamente ogni proposto o critica, nel corso di quello che consideriamo un confronto importante per la nostra democrazia e per approvare misure improrogabili per il bene dei cittadini e della Nazione''.
Ma, parlando ad Ancona, Giorgia Meloni è stata più netta, dicendo di volere fare ''una riforma ampiamente condivisa, ma la faccio. E la faccio perché ho avuto il mandato dagli italiani e tengo fede a quel mandato''.
Una affermazione importante, perché rivendica a sé stessa (e quindi non necessariamente al resto della coalizione) un impegno assunto con gli elettori, che intende onorare, costi quel che costi.
Tutto già scritto, quindi? Tutto in discesa?

Non esattamente, perché potrebbe anche non rispondere completamente al vero che il mandato degli elettori comprenda anche una profonda riforma delle regole del gioco secondo le idee esclusivamente del centrodestra, cosa che prelude a scontri duri con parte delle opposizioni. Già, perché da quelli che formalmente dovrebbero fare la guerra a Giorgia Meloni c'è chi si è già sfilato, Matteo Renzi.
Che, tanto per restare aderente al suo ''personaggio'', appoggia totalmente i progetti del presidente del consiglio, aprendo soprattutto al premierato, che lui chiama ''sindaco d'Italia'', e al superamento del bicameralismo.
''Io dico alla Meloni: vai avanti, noi sul premierato ci stiamo anche se non ci stanno gli altri e saremo corretti con voi a differenza di quanto fece la destra con le nostre riforme'', afferma Renzi, che, rivendicando coerenza con la sua storia, afferma che un premier eletto ''non delegittima assolutamente il presidente della Repubblica''.

Quindi, mentre Pd, Cinque Stelle e il resto della Sinistra si preparano alle barricate e Italia Viva mostra una disponibilità persino troppo ampia, Giorgia Meloni deve pensare a come uscire al meglio da una situazione che oggi appare foriera di durissimi contrasti, da spegnere subito se vuole avviare le riforme e dare loro attuazione prima possibile. Con qualche piccolissima ombra, come l'atteggiamento della Lega che, con con il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, precisa che voterà quel che c'è nel programma del centro-destra, ovvero l'elezione diretta del presidente della Repubblica, ma sul resto si deve discutere: ''Se la premier Meloni vuol proporre altro, quindi si passa non all’elezione del Presidente della Repubblica, come ha sempre detto lei, ma all’elezione diretta del Presidente del Consiglio, la Lega chiede garanzie per il ruolo del Parlamento''.
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