Trump accusa Zelensky e poi Putin: “Colpa di tutti”. Ma Kiev avverte: “A un passo dalla guerra mondiale”
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

La scia di sangue che ha investito Sumy la Domenica delle Palme – con un bilancio tragico di 34 morti e 119 feriti, tra cui 15 bambini – ha riacceso con violenza il confronto internazionale sul conflitto ucraino. Mosca si difende sostenendo che i suoi attacchi hanno colpito “solo obiettivi militari”, ma da Kiev arriva la smentita con accuse gravi: “i civili sono stati usati come scudi umani”, afferma il governo ucraino. In questa cornice drammatica, si inseriscono le dichiarazioni del presidente Usa Donald Trump, che risvegliano un’ondata di polemiche e preoccupazioni.
Trump: accuse a Zelensky e Biden, poi la condanna a Putin
Trump non ha risparmiato critiche né al presidente ucraino Volodymyr Zelensky né a Joe Biden. “Un lavoro orribile da parte di entrambi: hanno permesso che questa guerra scoppiasse”, ha detto in un’intervista, ribadendo la sua posizione secondo cui il conflitto poteva e doveva essere evitato. Ma subito dopo ha corretto il tiro, estendendo la responsabilità anche al presidente russo: “Putin non doveva iniziarla. La colpa è di tutti”. Le parole del tycoon, come spesso accade, mescolano condanna e ambiguità, alimentando tensioni tra gli alleati e generando malumori a Kiev, dove la linea americana appare sempre più sfumata.
La replica di Zelensky: “Fermare Mosca o sarà guerra globale”
Di fronte a una retorica che diluisce le responsabilità, Zelensky ha alzato il tono. In un’intervista alla CBS, ha parlato senza giri di parole: “Se il mondo non interviene con decisione, Putin avanzerà ancora. Il rischio è una guerra mondiale”. Una dichiarazione che riflette l’esasperazione e il senso di isolamento di Kiev, che continua a subire attacchi su più fronti e a invocare un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale. Secondo il leader ucraino, la deterrenza ormai non basta più: serve un cambiamento di passo, soprattutto da parte degli Stati Uniti e della Nato.
Berlino apre ai missili Taurus, Mosca reagisce
Il pressing di Kiev su Berlino sembra dare i primi frutti. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha dichiarato di essere “aperto all’invio dei missili Taurus”, armi a lungo raggio che potrebbero modificare gli equilibri sul campo. La reazione del Cremlino non si è fatta attendere: “Un’ulteriore escalation”, ha detto un portavoce, lasciando intendere che un eventuale trasferimento di quei sistemi d’arma potrebbe spingere Mosca a una risposta più dura. Il fronte diplomatico si fa sempre più fragile, con la Germania al centro di un dilemma strategico tra il sostegno a Kiev e il rischio di coinvolgimento diretto.
Meloni condanna Mosca, von der Leyen invoca la tregua
Dall’Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito “vile” l’attacco russo a Sumy, aggiungendo che “ogni gesto del genere contraddice ogni impegno di pace”. Un segnale chiaro, che si inserisce nella linea di fermezza adottata dal governo italiano nei confronti di Mosca. Da Bruxelles, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha chiesto con urgenza “l’imposizione di una tregua”, ribadendo la necessità di dare spazio alla diplomazia prima che la situazione diventi incontrollabile. Ma le parole sembrano ormai inseguire gli eventi, più che prevenirli.
Le implicazioni internazionali: un equilibrio sempre più instabile
La guerra in Ucraina rischia ogni giorno di più di travolgere gli equilibri internazionali. L’ambiguità di Trump, la crescente frustrazione di Zelensky, le aperture militari della Germania e la reazione nervosa di Mosca disegnano uno scenario dove le azioni diplomatiche perdono peso e le mosse militari acquistano centralità. A preoccupare non è solo l’andamento del conflitto sul campo, ma il clima politico che si respira tra le grandi potenze, sempre più inclini a seguire interessi divergenti. L’ipotesi di una guerra su scala più ampia, che fino a pochi mesi fa sembrava retorica, oggi torna con prepotenza nel dibattito globale.