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USA: la differenza tra liberali e conservatori? Solo questione di neuroni

- di: Brian Green
 
USA: la differenza tra liberali e conservatori? Solo questione di neuroni
Stanley Kubrick ebbe vista lunga quando, nel dirigere mirabilmente la trasposizione cinematografica di "A clockwork orange", il visionario romanzo di Anthony Burgess, volle che una delle scene più affascinanti - per quanto possa essere affascinante il racconto del passaggio dall'indifferenza al terrore - fosse quella in cui il protagonista, Alex, è costretto a vedere degli spezzoni di filmati reali e non artificiali connotati da violenza alla stato puro.

È un passaggio cruciale del film perché sottolinea come la mente umana, sebbene abituata ad elaborare anche visioni cruente, spesso porta in sé il seme della ribellione a spettacoli dal contenuto inenarrabile. Per questo uno degli aspetti della nostra mente più spesso analizzati dagli studiosi è la reazione ad immagini, nel presupposto che il cervello le elabora sulla base di esperienze, dirette o acquisite, facendone la base per un giudizio o per trovare conferma ad un pregiudizio.
Ma c'è cervello e cervello, questo si sa, ma c'è anche una diversa percezione di ciò di cui si è testimone a seconda della formazione ideologica del soggetto. Lo hanno confermato degli studi condotti recentemente negli Stati Uniti e che spiegano molte cose sulla netta divisione che esiste tra democratici e repubblicani, e quindi tra liberali e conservatori.

In questo le ormai vicinissime elezioni americane (anche se oltre la metà degli elettori ha già espresso il suo voto) sono un perfetto laboratorio per osservare e cercare di decodificare la divisione ideologica che vede contrapposti democratici e repubblicani e quindi, forse esagerando nella semplificazione, persone di destra e sinistra.

A lavorare su questo campo di studi è stato il neuroscienziato Yuan Chang Leong, insieme a colleghi delle università californiane di Berkeley e Stanford. Il gruppo di studio ha indagato sul ruolo dei pregiudizi di parte nell'elaborazione delle informazioni politiche, sostenendo che questo pregiudizio cognitivo si forma nel cervello. È stata quindi osservata (facendo ricorso alla tecnologia della risonanza magnetica) l'attività neurale di alcune dozzine di ''cavie'' mentre guardavano una selezione di video con contenuti relativi alla politica statunitense, come l'approccio all'immigrazione, in cui sono nette le contrapposte posizioni tra liberali e conservatori.

Come annunci elettorali ed estratti di discorsi di personaggi politici di spicco con riferimenti alla costruzione del muro di confine tra Stati Uniti e Messico (che Trump individua come strumento essenziale per frenare l'immigrazione clandestina) e alla concessione di protezioni giuridiche agli immigrati privi di documenti. Il gruppo di studiosi ha scoperto che, anche se davanti agli stessi filmati, i partecipanti all'esperimento conservatori e liberali mostravano risposte neurali completamente diverse, specialmente quando il contenuto visualizzato conteneva il vocabolario usato frequentemente nei messaggi delle campagne politiche.

Questa "polarizzazione neurale", come la definiscono gli scienziati, è stata verificata nella corteccia prefrontale, una regione del cervello associata, tra le altre cose, all'interpretazione del contenuto narrativo, cioè quella che dà significato alle storie. I ricercatori hanno anche osservato che le risposte neurali polarizzate hanno portato a diversi atteggiamenti in reazione agli snippet (che sono brevi anticipazione di un più ampio video).

Questi risultati suggeriscono, quindi, che una diversa elaborazione cerebrale porta a interpretazioni divergenti delle informazioni politiche, che alla determinano una polarizzazione degli atteggiamenti. "Il nostro studio - ha detto Yuan Chang Leong - suggerisce che esiste una base neurale per i pregiudizi partigiani e che alcune parole sono particolarmente fattori di polarizzazione". Lo studioso ha anche aggiunto che "le maggiori differenze nell'attività neurale tra le ideologie si sono verificate quando i partecipanti hanno sentito parole che enfatizzano la minaccia, la moralità e le emozioni''. Il professore Jamil Zaki, docente di psicologia alla Stanford University, che ha affiancato Leong, ha aggiunto che tali differenze non significano che queste persone siano nate per non essere d'accordo. "Le nostre esperienze di vita e i media che consultiamo - ha detto Zaki - probabilmente contribuiscono alla polarizzazione neurale".
Tags: usa, esteri
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