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Cronache dai Palazzi - Giorgia Meloni alle prese con gli affanni nel Governo e della maggioranza

- di: Redazione
 
Cronache dai Palazzi - Giorgia Meloni alle prese con gli affanni nel Governo e della maggioranza
Quando si sale in cima ad una montagna - opera politicamente riuscita a Giorgia Meloni che, nel giro di pochi anni, ha ''espugnato'' Palazzo Chigi - bisogna avere nervi saldi perché, piantata la bandierina sulla vetta, occorre che sia ben salda e che nemmeno i venti più forti possano buttarla giù.
Il governo a trazione FdI, in queste calde giornate di giugno, sembra quella bandierina, che sbatte, resiste ancora, ma sbatte, anche se il capo cordata ha fatto tutto bene, garantendo la sicurezza dei suoi compagni. Anche di coloro che, riottosi, magari avrebbero voluto, una volta in vetta, essere loro a piantare bandierine. Ma queste ambasce, che si manifestano con preoccupante frequenza, non dovrebbero impensierire più di tanto il presidente del consiglio che, con la forza dei numeri, che infondono sicurezza, ma non sempre tranquillità, deve andare avanti, in base ad un programma che, sebbene concordato con gli alleati, sembra scricchiolare per fattori diversi, interni ed esterni all'esecutivo.

Giorgia Meloni alle prese con gli affanni nel Governo e della maggioranza

Giorgia Meloni ha ''inventato'' il suo esecutivo, chiamando le persone che riteneva più utili al programma e, davanti a candidature che non gradiva, avanzatele dai compagni di viaggio, ha avuto la forza di dire ''non possumus'', anche a costo di mandare a gambe all'aria tutto.
Ma se, dopo il varo dell'esecutivo e l'invito del premier alla continenza verbale (sistematicamente ignorato da qualcuno, alla perenne ricerca di visibilità), c'è chi scarroccia, rischiando di fare deragliare il treno del governo, Meloni deve fare qualcosa che sia diverso da una difesa d'ufficio.

Prendiamo la delicata questione della Giustizia. Non entrando nel merito del contenuto della ''rivoluzione copernicana'', per come è stata presentata dal Guardasigilli, non ha certo fatto il bene del governo il ministro Nordio che, piuttosto che difendere la sua riforma nel merito, ha risposto in un linguaggio che, se va bene altrove, non è consono al galateo delle Istituzioni.
Mostrare i muscoli è cosa che non è mai buona, perché sottolinea il diverso peso specifico tra chi dice e chi ascolta, soprattutto se quest'ultimo è il sindacato dei magistrati, dei quali Nordio ha cercato di sminuire la rappresentanza, dicendo che il suo interlocutore è solo il Csm, che è un organismo di autogoverno. Importante quanto si voglia, ma che non è un sindacato, che rappresenta tutti i magistrati, anche quelli che non appartengono a una corrente.

In casi del genere, quando la distanza è tanta, si va allo scontro più duro o si cerca il dialogo. E indovinate quello che ha scelto Nordio, che pure, da ex pubblico ministero, qualcosa la deve pure sapere dei rapporti in seno all'ordine giudiziario e tra esso e l'esterno?
I tre poteri dello Stato (e quel che possono fare) sono i pilastri del nostro sistema statuale. Se uno marca differenze e marginalizza, anche se può avere ragione, significa che qualcosa, nei rapporti, è saltato. Nordio ha poi cercato di ricucire, ma la ferita è stata troppo profonda perché si rimarginasse in fretta. E poi, sul cammino che Giorgia Meloni sperava fosse (più) spedito ci si sono messe le diversità di vedute sul Mes, che hanno portato ad un clamoroso ''aventino'' all'incontrario, con le opposizioni presenti in commissione e la maggioranza in altro affaccendata. La realtà è questa, anche se nel servizio pubblico, qualcuno, resocontando l'accaduto, ha preferito puntare sulle divisioni nell'opposizione e non sull'assenza dei commissari di maggioranza. Come se le frizioni all'interno di chi sta dall'altro lato della barricata (con un patrimonio di ideologie diverso) siano politicamente più importanti della decisione della coalizione di governo di fermarsi un giro.

E siccome il governo non sembra volersi fare mancare nulla, ci mancava pure Report che, in una delle sue inchieste, ha raccontato delle vicissitudini (vere, presunte: la giustizia non s'è pronunciata ancora) di alcune società riconducibili al ministro del Turismo, Daniela Santanché. Su questa storia - con il ministro che annuncia querele - Giorgia Meloni sembra volere agire con cautela, non necessariamente perché creda al 100 per 100 alla ricostruzione fatta da Report, ma perché non può indebolire il governo, e quindi sé stessa, con mosse avventate o dettate dall'urgenza di dare risposte all'opposizione che, questa volta, sembra intenzionata a fare sul serio il suo mestiere.
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