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Internet, Rapporto Censis-Wind Tre: per l’88,7% degli italiani la connessione è un diritto sociale al pari di sanità o previdenza

- di: Barbara Leone
 
Internet, Rapporto Censis-Wind Tre: per l’88,7% degli italiani la connessione è un diritto sociale al pari di sanità o previdenza

La connessione a internet è un diritto sociale. Per l’88,7% degli italiani la connettività a internet è un diritto sociale, come la sanità o la previdenza. Ne sono convinti l’84,1% dei giovani, il 90,5% degli adulti e l’88,5% degli anziani. Per l’80,8% dei cittadini (l’84,5% dei giovani) l’accesso alla rete dovrebbe essere gratuito. Per il 46,2% la copertura dei costi dovrebbe avvenire per mezzo di un contributo dei grandi generatori di traffico, come Google e Meta. Per il 34,6% dovrebbe essere posta a carico della fiscalità generale. A chiedere una partecipazione economica delle Over The Top per la copertura dei costi sono soprattutto i giovani (51,3%) e i laureati (49,8%). Il 19,2% degli italiani è invece contrario alla gratuità di internet: l’8,3% ritiene che ciascun utente dovrebbe pagare di tasca propria la connessione e il 10,9% si dice contrario a caricarne i costi sulla fiscalità generale. È quanto emerge dal 3° Rapporto sul valore della connettività in Italia realizzato dal Censis in collaborazione con Wind Tre, che è stato presentato oggi da Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis, e discusso da Roberto Basso, Direttore Relazioni Esterne e Sostenibilità di Wind Tre, Laura Di Raimondo, Direttore Generale di Asstel, Ludovica Carla Ferrari, Assessore alla Città smart del Comune di Modena, Giuseppe F. Italiano, professore di Computer Science alla Luiss Guido Carli, Mario Morcellini, professore emerito di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi e Salvatore Deidda, Presidente IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati.

Internet, Rapporto Censis-Wind Tre: per l’88,7% degli italiani la connessione è un diritto sociale al pari di sanità o previdenza

Il primo dato che emerge dall’indagine è che in Italia il costo di accesso a internet è più basso rispetto al resto del mondo. Confrontando il costo medio di un gigabyte di traffico dati su rete mobile nei Paesi del mondo nel 2022, infatti, l’Italia presenta, insieme a Israele, il valore più basso. Tutti i Paesi comparabili al nostro presentano prezzi più elevati. Il costo medio di un gigabyte di traffico dati su rete mobile in Italia è inferiore del 47,3% rispetto alla Francia, dell’80,0% rispetto alla Spagna, del 95,5% rispetto alla Germania, del 97,9% rispetto agli Stati Uniti. Tra il 2019 e il 2022 in Italia il costo medio di un gigabyte di traffico dati su rete mobile si è ridotto del 93,0%, in Francia dell’81,3%, in Germania del 61,7%, negli Stati Uniti del 32,6%, mentre in Spagna è aumentato del 7,0%. Un costo medio del traffico dati su rete mobile così basso nel nostro Paese ha di fatto consentito una maggiore inclusione sociale mediante l’accesso a internet. Nel periodo 2015-2022 l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) in Italia è aumentato del 14,2%, mentre quello relativo alle telecomunicazioni è diminuito del 22,8%. Nel 2022, un anno caratterizzato da alta inflazione, i prezzi generali al consumo sono aumentati dell’8,7% rispetto all’anno precedente, mentre l’indice dei prezzi delle telecomunicazioni è diminuito del 3,3%. Per quanto riguarda i rischi online da cui difendersi, il 94,7% degli italiani associa a internet alcuni rischi da cui difendersi. Il pericolo principale, indicato dal 46,2%, è la possibilità di cadere vittima di crimini informatici durante le proprie attività quotidiane online, come l’utilizzo del conto corrente bancario o l’e-commerce. Il 22,2% è preoccupato dal libero accesso al web dei minori, il 14,2% teme l’azione degli haters, il 12,1% avverte un rischio per la salute mentale, cioè l’insorgere di una dipendenza dai dispositivi digitali. Una conferma indiretta degli elevati rischi per i minori che navigano nel web proviene dai dati relativi all’azione delle Forze dell’ordine: nel 2022 sono stati 2.622 i siti web illegali oscurati perché contenenti immagini di violenze su bambini, 1.466 persone sono state indagate per reati di pedopornografia e 128 minori sono stati indagati per casi di cyberbullismo. Nel periodo più recente gennaio-marzo 2023 sono state indagate per pedopornografia 299 persone.

E l’Intelligenza Artificiale? Utile, ma va regolata. Oggi, infatti,  il giudizio degli italiani sull’Intelligenza Artificiale resta molto cauto. Il 46,3% dei cittadini la considera una opportunità, il 37,6% una minaccia, il 16,1% non sa che cosa pensare. I giudizi sugli impatti dell’IA sono più positivi tra i giovani (il 55,3% la considera una opportunità) e tra i laureati (59,2%). Il 61,6% degli italiani auspica per il momento una sorta di moratoria: ritiene opportuno bloccare, almeno per un periodo, le ricerche sull’IA per concordare le regole in grado di evitare eventuali problemi relativi alla gestione dei dati e alla generazione di notizie false. Tra i più cauti, figurano soprattutto gli anziani (83,1%), le persone in possesso di bassi titoli di studio (71,4%) e le donne (64,8%). Del resto, l’81,6% degli italiani ritiene urgenti leggi chiare e regolamenti precisi per evitare che lo sviluppo delle tecnologie digitali metta nelle mani sbagliate strumenti molto potenti. Solo l’8,4% è contrario a introdurre regole stringenti e il 10,1% non si è formato una opinione in proposito. Sul rischio apocalittico che l’IA si emancipi dagli umani e inizi a operare in autonomia, gli italiani si dividono: il 38,4% la ritiene una ipotesi plausibile, il 40,1% crede che sia impossibile, il 21,5% non ha una opinione in merito.

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