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Lavoro, giovani stanchi di farsi sfruttare: i 10 inganni

- di: Marta Giannoni
 
Lavoro, giovani stanchi di farsi sfruttare: i 10 inganni
Contratti usa e getta, zero tutele e pensioni impossibili: la generazione Z smaschera un sistema che non mantiene le promesse.

Non è pigrizia, è trappola: la realtà del lavoro per i giovani
C’è chi li chiama “choosy”, chi li accusa di non voler faticare. Ma la realtà, se la si guarda in faccia, è ben diversa. Per la generazione Z – e per molti millennial ancora invischiati nel limbo post-universitario – il lavoro è diventato una trappola a tempo determinato, senza garanzie, spesso senza dignità. Dai tirocini infiniti alle paghe da fame, passando per contratti che evaporano alla prima scadenza, ecco i 10 inganni che i giovani italiani non vogliono più accettare. E che stanno minando il futuro del Paese.
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1. Stage infiniti e malpagati: il curriculum non paga l’affitto
In teoria, il tirocinio dovrebbe essere un ponte verso il lavoro. In pratica, è diventato un binario morto. Secondo l’ultimo rapporto di Repubblica Lavoro, oltre il 60% degli stage attivati nel 2023 non si è tradotto in un’assunzione, con una media retributiva tra i 300 e i 600 euro mensili. E nella pubblica amministrazione – come ha ricordato il ministro Zangrillo il 18 aprile – molti tirocini non prevedono nemmeno un rimborso. “Non chiamateli apprendisti: sono lavoratori a costo zero”, ha denunciato la Cgil.
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2. Il contratto a termine è la nuova normalità
La precarietà non è più l’eccezione. È la regola. I dati Istat di aprile 2025 parlano chiaro: oltre il 53% dei nuovi contratti attivati tra i 18 e i 34 anni sono a tempo determinato, spesso inferiori ai 6 mesi. A Roma, il 72% dei giovani occupati lavora in condizioni instabili. “Così non si può progettare nulla: né una casa, né una famiglia, né un futuro”, ha dichiarato Chiara, 29 anni, impiegata part-time in un call center, durante un’assemblea della Rete degli studenti medi.
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3. Salari fermi al palo, mentre tutto il resto corre
Mentre l’inflazione galoppa, gli stipendi dei giovani restano al palo. Secondo un’analisi della Fondazione Di Vittorio la retribuzione media di un under 35 in Italia è inferiore del 23% rispetto a quella degli over 50, e non si muove da anni. Il paradosso? I giovani sono più formati, più flessibili e più digitali. Ma guadagnano meno. “Se un neolaureato prende 900 euro al mese dopo cinque anni di studi, qualcosa non torna”, ha commentato su X (ex Twitter) l’economista Tito Boeri il 3 giugno scorso.
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4. Scappano, e non per vacanza: è il nuovo esodo
Quella che era una fuga temporanea è diventata un esodo strutturale. Nel 2024 più di 191.000 italiani hanno lasciato il Paese, con una media di 34 anni. Tra questi, tantissimi laureati. Germania, Paesi Bassi e Canada le mete preferite. “In Italia ci sentivamo sprecati. Qui almeno le competenze vengono pagate”, raccontano Marta e Luca, due ingegneri informatici ora a Rotterdam. E intanto l’Italia perde capitale umano e futuro.
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5. I Neet, una ferita aperta
L’Italia è il fanalino di coda in Europa per i giovani NEET – quelli che non studiano, non lavorano e non si formano. Secondo Eurostat, nel 2024 erano il 19,5% nella fascia 15-34 anni. Non è solo un dramma personale: è un costo sociale enorme. “Siamo la generazione più scolarizzata e meno valorizzata della storia italiana”, ha detto Elisa Gambardella, segretaria dei Giovani Democratici, durante un convegno a Firenze il 30 maggio. E ha ragione: un Paese che rinuncia a milioni di giovani, rinuncia a sé stesso.
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6. Contributi a intermittenza, pensione fantasma
Il lavoro discontinuo significa anche carriere contributive disarticolate e future pensioni da fame. Molti giovani, tra partite IVA finte, contratti brevi e lunghi periodi senza occupazione, rischiano di non accumulare i 20 anni minimi di contributi richiesti. Il presidente dell’INPS Gabriele Fava ha lanciato l’allarme: “Se non interveniamo ora, nel 2050 milioni di persone vivranno sotto la soglia della povertà assoluta”.
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7. Il lavoro va agli over 50. I giovani aspettano
È una delle contraddizioni italiane più vistose: cresce l’occupazione, ma non quella giovanile. L’ISTAT ha registrato un incremento dell’occupazione nel primo trimestre 2025, ma il 70% dei nuovi posti è andato a persone over 50. “I giovani restano ai margini, penalizzati dall’assenza di politiche attive e da un sistema che favorisce chi è già dentro”, ha spiegato Tania Scacchetti (Cgil) a Modena il 1° giugno. I giovani? In attesa perenne.
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8. Part-time non scelto, ma subito
Il part-time può essere una scelta. Ma non quando è l’unica opzione. Secondo INAPP, il 44% dei giovani con contratto part-time lo ha accettato per mancanza di alternative. E spesso si tratta di part-time da 18 ore settimanali, mal retribuiti, con orari spezzettati. “Non posso nemmeno fare un secondo lavoro perché mi cambiano i turni ogni settimana”, ha raccontato Francesca, barista, in un’intervista a VD News.
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9. Nessuna tutela per chi è in formazione
Gli stagisti non hanno diritto a ferie, malattia, maternità. Nemmeno a un contratto. “Siamo lavoratori ma per lo Stato non esistiamo”, dice Lorenzo, 26 anni, stagista in uno studio legale a Napoli. La proposta di legge sullo statuto dello stagista, ferma da mesi in Parlamento, prevedeva un’indennità minima obbligatoria e diritti di base. Ma per ora è tutto bloccato. E chi fa pratica continua a farlo in silenzio. E gratis.
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10. Il sistema ha perso credibilità
La più grave delle ferite è questa: la disillusione collettiva. Un’intera generazione non crede più che l’impegno paghi. “Ci hanno detto: studia, fai sacrifici, vedrai che un posto lo trovi. Non è vero”, scrivono ogni giorno i ragazzi su TikTok, Instagram, Reddit. La rabbia è crescente, ma spesso silenziosa. Nessuna rivoluzione, per ora. Solo una lenta, drammatica rinuncia.
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Una generazione che chiede rispetto
Basta poco per ascoltarli. Ma nessuno lo fa davvero. La generazione Z non cerca privilegi. Chiede solo dignità. Un lavoro che sia pagato, che sia stabile, che consenta di costruire un futuro senza l’ansia di doverlo difendere ogni mese.
Serve un piano vero: fiscale, contrattuale, educativo. E serve ora. Altrimenti il rischio non è solo perdere i giovani. È perdere il Paese.

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