C’è un dato che fa riflettere, e molto. Nel 2024, gli allarmi alimentari relativi ai prodotti ortofrutticoli importati in Italia sono aumentati del 30%, passando da 115 a 165 segnalazioni. Residui chimici fuori controllo, pesticidi banditi nei nostri campi ma tranquillamente tollerati nei Paesi extra UE, fungicidi e conservanti oltre i limiti di sicurezza. Eppure, nei supermercati italiani, accanto alle eccellenze del made in Italy, si trovano frutta e verdura che arrivano da ogni angolo del pianeta senza le stesse garanzie richieste ai nostri agricoltori. Il paradosso della reciprocità negata.
Ortofrutta straniera, il paradosso dei controlli: l’Italia si tutela, l’Europa no
Il sistema di controlli italiano è tra i più rigorosi d’Europa. Le aziende agricole devono rispettare normative stringenti su fitofarmaci e sicurezza alimentare. Eppure, al confine, varcano prodotti trattati con sostanze vietate in Italia da anni. Il caso dei pistacchi provenienti da Iran e Turchia, contaminati da aflatossine oltre i limiti consentiti, è solo uno dei tanti esempi. E poi ci sono le arance egiziane, i limoni turchi, le fragole marocchine: spesso più economiche, perché coltivate con regole meno restrittive, senza gli stessi vincoli ambientali e sociali. È una concorrenza sleale mascherata da libero mercato.
Le richieste di Coldiretti: stop alle importazioni senza regole
Coldiretti torna a chiedere un principio chiaro: se una sostanza è vietata in Italia, deve esserlo anche per i prodotti importati. Si chiama reciprocità ed è la base di ogni mercato equo. "Non si può chiedere ai nostri agricoltori di rispettare norme rigidissime, mentre sugli scaffali finiscono prodotti trattati con sostanze proibite", denuncia l’associazione. Serve un cambio di rotta nelle politiche comunitarie: più controlli alle frontiere, etichette trasparenti con l’origine ben chiara, e una revisione degli accordi commerciali con i Paesi extra UE.
Consumatori inconsapevoli, rischio per la salute
Il problema non è solo economico, ma anche sanitario. Un limone trattato con imazalil o un peperone con clorpirifos non hanno lo stesso impatto sulla salute dei consumatori. Eppure, spesso, il consumatore non lo sa. L’etichettatura non è sempre chiara e il prezzo più basso attira chi non ha strumenti per capire la differenza. La sicurezza alimentare non può essere un optional, né un lusso per pochi.
L’Europa deve decidere da che parte stare
Il tema della reciprocità non è solo tecnico, ma politico. Bruxelles è pronta a vietare fitofarmaci anche in Italia per scelte ambientaliste, ma poi chiude un occhio sugli stessi prodotti importati. Serve coerenza: o si tutelano i consumatori europei a 360 gradi, o si smette di penalizzare chi produce rispettando le regole. La battaglia sulla sicurezza alimentare e la tutela dell’agricoltura italiana non può essere lasciata ai soli produttori. È una questione di giustizia.