A Roma il ritorno di Picasso - La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ospita una selezione di 300 opere

- di: Samantha De Martin
 

PABLO PICASSO | Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

A 50 anni della morte di Pablo Picasso, e a 70 dalla grande mostra svoltasi a Roma nel 1953, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea celebra il grande maestro attraverso un percorso che incanta i visitatori con i camaleontici linguaggi del genio, ma soprattutto seguendo l’evoluzione artistica del pittore andaluso.

Picasso metamorfico. Opere dal Museo Casa Natal Picasso – Málaga, questo il titolo della mostra a cura di Fernando Castro Flórez, abbraccia una selezione di 300 opere, tra disegni e incisioni, provenienti dalla collezione custodita nella casa natale dell’artista. Seguendo una traiettoria che dal 1905 si allunga fino al 1972, questi lavori offrono una rassegna completa dell’immaginario del pittore.

“La metafora della metamorfosi è un concetto articolato, ampio, profondo e molto potente per descrivere e rappresentare i processi di trasformazione, cambiamento e crescita - spiega Cristiana Collu, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea -. Letteralmente il termine si riferisce a una trasformazione fisica, visibile e tangibile di un processo circolare di continua rinascita e reinvenzione. Lo stesso avviene con i processi creativi di cui Picasso è un caso emblematico. Spirito inquieto e curioso, con il suo sguardo onnivoro e inclusivo, non ha solo inventato e reinventato linguaggi, ma anche se stesso in questa dinamica, e in modo così esemplare da rimanere identico, comunque riconoscibile nelle sperimentazioni e interpretazioni del suo stesso stile”.

Picasso e l’incisione: un rapporto appassionato

Nel bel percorso allestito nella capitale non aspettatevi tele, ma un Picasso per certi versi inedito attraverso l’opera grafica che grande importanza riveste all’interno dell’intera produzione.

Quello di Picasso con l’incisione è stato un rapporto appassionato, espressione della sua fedeltà a una tecnica che lo stesso artista ha meditato, approfondito, sperimentato come pochi maestri nella storia dell’arte. I suoi lavori di grafica testimoniano i sentimenti e le idee maturate nel tempo.

L’acquaforte e la puntasecca sono ad esempio utilizzate nel suo primo periodo come incisore, come nell’opera El Zurdo o nei Saltimbanchi del 1904. Dello stesso anno è il grande capolavoro La Comida frugal (Il pasto frugale), mentre al medesimo periodo risalgono anche le rarissime xilografie e i primi monotipi. Nel 1909, a due anni di distanza dalla realizzazione de Les Demoiselles d’Avignon, Picasso realizza la sua prima incisione cubista, nel ciclo di illustrazioni dei libri Saint Matorel e Le Siège de Jèrusalem, entrambi di Max Jacob.

Tuttavia è negli anni Venti che lavora maggiormente sull’incisione, come dimostrano le illustrazioni di opere di Balzac (Il capolavoro sconosciuto) e di Ovidio (Le metamorfosi).

All’incisione Picasso affida le raffigurazioni di donne, riproposte con innumerevoli variazioni, come ad esempio il ritratto di Francoise Gilot, le Dos mujeres desnudas (1945) e la figura di Jaqueline Roque (1958). Le litografie acquistano colore nella serie di illustrazioni per la raccolta poetica composta da Paul Reverdy (1948), anticipando la pratica che verrà ripresa in seguito a Vallauris e a Cannes.

Il disegno diventa essenziale nelle opere del ciclo delle 34 incisioni a bulino legate alla novella Carmen di Prosper Mérimée, mentre non mancano in mostra le incisioni legate al libro di poesie illustrato Corps perdu, nato da una collaborazione con il poeta Cesar Aimé (1949), oltre ai ritratti di personalità come Gongora, Max Jacob, Balzac o Tolstoj.

Negli anni Trenta il mito del Minotauro occupa un posto di grande rilievo nell’opera di Picasso. Del 1935 è Minotauromaquia, considerata una delle opere più importanti del XX secolo. Negli ultimi anni della sua vita la produzione di incisioni aumenta enormemente, come dimostra la serie di 347 incisioni, 66 delle quali destinate a illustrare l’opera letteraria La Celestina, attribuita a Fernando de Rojas.

Un ciclo frenetico

Dalla serie delle Suite Vollard - l’opera maggiore, caratterizzata da un centinaio di incisioni commissionate dal mercante e mecenate Ambroise Vollard e realizzate tra il 1930 e il 1937, incentrate sul lavoro dello scultore, la sua bottega e il suo modello - alle incisioni realizzate alla fine della sua vita, il pittore compie un vero e proprio ciclo frenetico nel quale passa in rassegna, rivisitandolo, l’intero suo immaginario, dal tema centrale del “pittore e della modella” alla riconsiderazione della storia dell’arte, introducendo elementi umoristici che scivolano talvolta nel grottesco.

In opere come Salomè o La danza barbara, eseguite a punta secca nel 1905 a Parigi, in una fase del suo percorso – tra il 1904 e il 1905 – l’artista riprende in mano la tecnica calcografica dopo i primi lavori giovanili.

La mostra del ‘53

Attraverso interessanti materiali d’archivio la mostra in corso a Roma invita a guardare alla retrospettiva del 1953 svoltasi alla Galleria Nazionale in un periodo nel quale l’influenza di Picasso in Europa e nel mondo era alla sua massima espansione. Tuttavia, a differenza degli altri paesi, interessati alla grandezza dell’artista per il suo percorso, dagli esordi al Surrealismo degli anni Trenta, l’Italia guardava al Picasso della fine della seconda guerra mondiale e degli anni successivi, in virtù dei valori morali riconosciuti alla sua opera, tra coraggiosa denuncia delle lacerazioni della guerra e recupero degli ideali di pace.

La mostra del 1953, curata da Lionello Venturi con la soprintendenza di Palma Bucarelli, rimane pertanto un momento di importanza cruciale per la presenza dell’artista, che ha scelto personalmente le opere da esporre, presentando una parte cospicua di lavori inediti mai mostrati prima.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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