Università degli Studi Roma Tre: trent’anni vissuti nel futuro

- di: Redazione
 

Il bilancio dei primi trent’anni dell’Università degli Studi Roma Tre, il ruolo giocato anche nel tessuto urbano e sociale in cui si è insediata, i grandi successi nella ricerca, l’occasione da non sprecare del PNRR, l’obiettivo raggiunto di essere un Ateneo di alta formazione, i problemi accanto ai (tanti) successi, i motivi alla base del miglioramento, in media, degli Atenei italiani negli ultimi anni. A colloquio con il Prof. Massimiliano Fiorucci, Magnifico Rettore dell’Ateneo.

Università degli Studi Roma Tre: trent’anni vissuti nel futuro

L’anno Accademico 2022-2023 segna i primi trent’anni dell’Università degli Studi Roma Tre. Professor Fiorucci, qual è il bilancio che si può fare? Gli obiettivi chiave con cui l’Ateneo era nato trent’anni fa a suo parere sono stati raggiunti? E quali sono le scelte strategiche per il futuro, tenendo conto che il mondo universitario non solo è sempre più concorrenziale a livello nazionale, ma lo è anche a livello europeo e mondiale?

L’Anno accademico 2022-2023 per il nostro Ateneo costituisce un traguardo ideale: si celebra, infatti, il trentennale della fondazione dell’Università degli Studi Roma Tre ed è l’occasione per tracciare un primo bilancio e proporre un rilancio nel segno della continuità con questi tre decenni di crescita e consolidamento a livello nazionale e internazionale. Bisogna ricordare che la nascita di Roma Tre era stata pensata con l’obiettivo di decongestionare un mega Ateneo come Sapienza. In questi trent’anni si è fatto molto più di questo, sono stati raggiunti e superati tutti gli obiettivi iniziali. Ora si tratta di guardare oltre. Non abbiamo qui lo spazio per elencare i progetti in corso, ma è opportuno segnalare la direzione verso cui dovrà muoversi l’Ateneo nei prossimi anni: sostenibilità e transizione energetica; transizione digitale; parità di genere; accoglienza, inclusione, educazione alla pace; apertura internazionale.

Nel suo intervento all’inaugurazione dell’Anno Accademico 2022-2023, dopo aver ricordato che i 35mila studenti iscritti “rappresentano il patrimonio più prezioso del nostro Ateneo” e che questo numero testimonia anche “quanto ormai la nostra Università costituisca un punto di riferimento per la città di Roma e per l’intero Paese”, ha messo l’accento su come l’Università degli Studi Roma Tre abbia “trasformato, riqualificato e vivacizzato il tessuto urbano e sociale in cui si è insediato dal punto di vista urbanistico-architettonico e dal punto di vista culturale e sociale”. Un aspetto molto interessante, può farci il punto?

Fin dalla fase costitutiva Roma Tre ha scelto di insediare le proprie sedi dentro il quadrante centro-meridionale della città con una speciale concentrazione nel settore urbano Marconi, San Paolo, Ostiense, Garbatella. Una scelta che ha consentito di perseguire politiche edilizie che sono sempre state caratterizzate dalla capacità di rigenerare e rinnovare la città circostante. È il caso degli interventi di riqualificazione dei patrimoni edilizi provenienti dalla dismissione industriale romana dello scorso secolo. Particolarmente significativi anche gli interventi di nuova costruzione realizzati sulla via Ostiense, come la recentissima costruzione che ospita la sede del Rettorato. Un’architettura ZEB (Zero Energy Building) che consegna alla comunità accademica e al quartiere Ostiense non solo un edificio dalle spiccate caratteristiche energetico-ambientali in grado di consumare solo l’energia prodotta in loco, ma anche una piazza del sapere. Una piazza aperta al quartiere e alla comunità accademica caratterizzata dalla presenza di tre torri non d’avorio ma di vetro, trasparenti, quindi, ma anche aperte e permeabili, e soprattutto accoglienti.

Capitolo Ricerca. L’Ateneo che lei guida può già vantare ottime prestazioni con punte di vera eccellenza. E ciò è documentato da una qualificata e abbondante produzione scientifica, con circa 23mila pubblicazioni scientifiche indicizzate nel database Web of Science dalla fondazione nel 1993 ad oggi, alcune delle quali su prestigiosissime riviste, a cui vanno aggiunte le altrettanto numerose e qualificate pubblicazioni nei settori non indicizzati. Ma come si tiene in equilibrio un Ateneo che deve essere una Teaching University, ma che deve anche investire molto anche nella ricerca? La coperta non è troppo corta?

Roma Tre può vantare ottime prestazioni nella ricerca, come testimoniato dai precedenti rapporti VQR, dal successo nei bandi per ricerca competitiva e dall’esistenza di ben quattro Dipartimenti di Eccellenza. Si tratta dei Dipartimenti di Giurisprudenza, di Ingegneria Industriale, Elettronica e Meccanica, di Scienze e di Studi Umanistici. Certamente il tema delle risorse è centrale. Il nostro Paese fatica a pensare, progettare e mettere in capo investimenti strutturali nel campo dell’istruzione e della ricerca. In questi anni stiamo assistendo a un incremento significativo di risorse legato soprattutto al PNRR, ma bisogna evitare che dopo il 2026 le cose tornino come prima.

C’erano molte attese e anche una tensione molto positiva, nel mondo delle università italiane, circa l’opportunità offerta dai finanziamenti del PNRR. Ma, se fino a quasi un anno fa non c’era convegno, non c’era call, non c’era dibattito in cui non ci fosse al centro il PNRR e le sue grandi opportunità, oggi i dibattiti, le call, i convegni e così via sono drammaticamente calati, quasi scomparsi. Non teme, restando alle Università italiane, che questa caduta di tensione possa portare a non sfruttare, o a sfruttare molto meno di quanto sarebbe possibile e auspicabile, queste opportunità? E su tale partita il suo Ateneo come è messo?

L’opportunità offerta dai finanziamenti del PNRR impone un cambio di passo anche nel sistema di conduzione e gestione della ricerca. Roma Tre si sta dimostrando un partner affidabile e di prestigio, come confermano le collaborazioni con gli altri Atenei nazionali per l’acquisizione delle risorse del PNRR: è tra i fondatori del Centro Nazionale sulla Biodiversità (il National Biodiversity Future Center – NBFC), prende parte all’Ecosistema dell’Innovazione ‘Rome Technopole’ insieme a tutti gli Atenei laziali, è parte integrante del Partenariato Esteso ‘Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society’ (CHANGES), così come partecipa ad altri progetti aderendo al bando sui Digital Education Hub e svolgerà un ruolo da protagonista in altre azioni previste dal PNRR.  

Lei ha affermato che, “a tre decenni dalla sua istituzione, Roma Tre è un Ateneo che può dirsi consolidato come luogo di alta formazione scientifica, avendo nel tempo arricchito, diversificato e, quando necessario, modificato e rinnovato la propria offerta formativa, corrispondendo alle esigenze dei tempi e della società…”. Può entrare nel dettaglio di questa affermazione?

Roma Tre ha avviato un percorso di revisione dell’intera offerta formativa per verificarne l’adeguatezza, la sostenibilità e individuare possibili aree di sviluppo. Lo scorso luglio si è svolta la Conferenza di Ateneo sulla Didattica, che ha visto un’amplissima partecipazione e dalla quale sono emerse idee e progetti di grande respiro. Negli ultimi due Anni accademici l’Ateneo ha arricchito la propria offerta formativa con nuovi corsi di laurea triennali e magistrali tra cui il corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Farmacia, il corso di Laurea Triennale in Ingegneria biomedica e il corso di Laurea Interateneo con l’Università della Tuscia in Scienze dell’Educazione. Inoltre, è stata istituita l’Alta Scuola dell’Amministrazione.

Abbiamo parlato dei tanti e meritati successi dell’Università degli Studi Roma Tre. Adesso ci dica anche i problemi, a cominciare dal fatto che, come in tutti gli Atenei italiani, anche nel suo c’è il fenomeno della dispersione scolastica.

Non possiamo nascondere i problemi: come in tutte le Università italiane anche a Roma Tre vi è un fenomeno di dispersione universitaria che monitoriamo e che tentiamo di prevenire. Dobbiamo difendere e possibilmente migliorare la qualità della nostra didattica, e al contempo arricchire il nostro patrimonio di studenti; certamente non possiamo permetterci di perderli. A tale proposito abbiamo messo in atto una serie di iniziative, dal tutorato alle borse di studio, che ci auguriamo possano incidere sul fenomeno della dispersione. La recente iniziativa ministeriale sul tema dell’orientamento finanziata nell’ambito del PNRR e coordinata a livello regionale potrà contribuire a fare in modo che gli studenti scelgano il percorso universitario con maggiore consapevolezza e dovremo garantire loro tutti gli strumenti per un’esperienza gratificante, di qualità e competitiva.

Le Università italiane, in media (ma con un grande variabilità a livello territoriale), stanno risalendo le classifiche internazionali sia della qualità che dei servizi. La Bella Addormentata, ha detto qualcuno, finalmente s’è mossa. È merito del maggiore clima di concorrenza introdotto a livello nazionale e della concorrenza a livello internazionale? O anche del fatto che oggi, sempre di più, nel mondo del lavoro (speriamo che diventi così anche nel pubblico impiego italiano, che finora su questo è una sorta di foresta pietrificata) una laurea non è più simile a un’altra laurea della stessa specie, ma pesa a seconda di dove è stata ottenuta? O di che altro ancora?

Le Università italiane che fanno parte della CRUI in genere possono vantare un’eccellente qualità in tutti i campi, dalla ricerca alla didattica fino alla terza missione. Le classifiche internazionali non sempre rendono giustizia al nostro lavoro per diverse ragioni, a cominciare dagli indicatori che tali classifiche utilizzano. Negli ultimi anni la qualità media delle Università italiane è cresciuta anche in virtù dei sistemi di valutazione, anche se molti aspetti del sistema di valutazione attuale devono essere migliorati tenendo conto delle caratteristiche delle diverse aree e dei contesti in cui gli Atenei operano. Le differenze tra lauree conseguite in Università diverse esistono, ma la differenza essenziale è tra la qualità delle lauree conseguite nelle Università che qualcuno di recente ha definito ‘tradizionali’ e quelle conseguite nelle Università telematiche.

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