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Usa: sullo smart working è braccio di ferro tra aziende e dipendenti

- di: Brian Green
 
Usa: sullo smart working è braccio di ferro tra aziende e dipendenti
È stato bello - forse per effetto della novità - e soprattutto utile - per le cause di forza maggiore legate alla pandemia - ma ora rimbocchiamoci le maniche e torniamo a lavorare come prima, quindi in ufficio. È semplice il ragionamento che, oltre Oceano, stanno facendo amministratori delegati e presidenti della grandi compagnie che, nella fase più acuta dell'epidemia di Coronavirus, avevano detto di sì al lavoro da remoto (smart working o telelavoro che sia), forse non immaginando che quella che era una misura emergenziale, e quindi temporanea per definizione, sarebbe piaciuta tanto ai dipendenti da spingerli ad un braccio di ferro con i vertici delle società per imporre di fare del lavoro a casa o in ufficio una scelta e non un obbligo.

Ecco quindi che, nel placido oceano delle le big companies americane, cominciano ad arrivare in superficie delle dinamiche industriali conflittuali che erano apparentemente sopite. Questo essenzialmente perché un anno e mezzo di lavoro da casa ha stravolto la routine precedente e ora chiedere, come stanno facendo con molta forza alcuni Ceo, di tornare ai vecchi schemi è cosa difficile da accettare e metabolizzare.
Guardando la cosa dal punto di vista dei dipendenti, per la maggior parte di loro lo smart working ha avuto solo ricadute positive perché si sono potuti organizzare in base alle esigenza della famiglia ed hanno - se questo lo richiedeva il loro incarico - scansato incombenze quotidiane come riunioni o incontri in presenza. Poi, aspetto forse più importante, hanno risparmiato tempo e stress per il fatto di non doversi sobbarcare ogni giorno, andando e tornando da casa all'ufficio e viceversa, ore in macchina, magari lungo le trafficate autostrade californiane.

Poi lavorare a casa, al tempo della pandemia, ha significato ammorbidire le conseguenza dell'emergenza familiare da lockdown, magari consentendo di gestire meglio i figli.
Tante cose positive che possono essere piccole o grandi, ma che hanno ingenerato nella maggioranza dei dipendenti la certezza che il telelavoro è la medicina miracolosa d'ogni problema personale.
Prendiamo Morgan Stanley, tra i primi a concedere ai suoi impiegati di lavorare da casa. Una situazione che è durata per molti mesi e che i dipendenti vorrebbero proseguire, ma che non va più giù al Ceo, James Gorman, il cui ragionamento, a rifletterci, è abbastanza fondato quando dice che, se con il migliorare della situazione sanitaria, è stata data alla gente la possibilità di tornare a frequentare i luoghi pubblici senza restrizioni, è forse il momento di riprendere l'andazzo di un tempo: "Se potete andare in un ristorante" - ha detto Gorman - "potete anche venire in ufficio. E noi vi vogliamo in ufficio''.

Il Ceo di Morgan Stanley non si è limitato ad esprimere un auspicio, ma anche ha fissato una data ben precisa per il ritorno alla normalità, il Labor Day (che in America si celebra il primo lunedì di settembre, che quest'anno coincide con il sei di quel mese), quando si vedrà chi è tornato in ufficio e chi no e si potrà fare qualche ragionamento. Gorman ha detto che sarà "molto deluso" dalle persone che non torneranno a lavorare alla loro scrivania, annunciando che in questo caso ''dovremo rivedere un po' di cose'', una frase in cui la minaccia di un ridimensionamento dei salari non è affatto velata.

È evidente che non c'è un fronte unico delle aziende che chiedono ai loro dipendenti di tornare a lavorare in ufficio, e spesso questa diversificazione nella linea di condotta è conseguenza anche della mission di ciascuna di esse.
Quindi se è comprensibile che alcune aziende che operano in campo finanziario o dei servizi (come Amazon) chiedano con forza il ritorno in ufficio, per altre questa necessità non c'è e, quindi, come sta facendo Twitter, almeno per il momento consentono il lavoro da casa. Insomma, una querelle che appare destinata a tenere banco per le prossime settimane, in attesa che cominci la campagna d'autunno quando, con un'economia americana che ha ripreso a volare, si tireranno le somme.
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