Ambiente: a tre attivisti indigeni il Goldman Prize 2020

- di: Emanuela M. Muratov
 
Ogni giorno si legge di concorsi e premiazioni, quasi che gli uomini non possano fare a meno di un titolo di cui fregiarsi. Ma ci sono premi e premi e il Goldman Environmental Prize, che riconosce l'opera di chi si batte sul campo a favore dell'ambiente, è tra i più prestigiosi al mondo e, in un certo senso, anche coraggiosi perché spesso viene attribuito a coloro che combattono per il clima rischiando in prima persona.

Il premio, istituito nel 1989, viene assegnato ogni anno a sei “difensori” dell'ambiente, in rappresentanza di altrettante aree geografiche. Quest'anno tre dei sei riconoscimenti sono andati ad attivisti indigeni che lavorano sul campo: Leydy Pech (Messico), Nemonte Nenquimo (Ecuador) e Paul Sein Twa (Myanmar).
Tre persone, tre storie, tre missioni.

Leydy Pech, un agricoltrice di origine Maya, ha un soprannome che dice tutto, la "custode delle api", datole da quando ha ingaggiato una lotta contro la Monsanto, che nel 2012 ha ottenuto il permesso di coltivare 253.000 ettari di soia transgenica in Sette stati messicani, incluso il Campeche, dove lei vive.
Leydy ha capito immediatamente che la lotta sarebbe stata lunga e difficile, visto il profilo del suo avversario (la Monsanto è il gigante americano delle biotecnologie applicate all'agricoltura). Ma questo, ha detto, non l'ha “paralizzata”, né “fermata”.
“Al contrario - ha detto - ho cercato supporto. E l'ho trovati nell'unità del popolo Maya”.

Diventata un simbolo della lotta alla Monsanto (e quindi anche al Governo, che ne ha autorizzato le attività) Leydy Pech ha moltiplicato il suo impegno, fondando un collettivo, “Sin Transgénicos” (Senza ogm) e dando vita ad azioni di sensibilizzazione, petizioni, assemblee e ricorsi legali per spiegare, in particolare, che lo sviluppo dell'agricoltura intensiva metteva al rischio le api, ma anche l'ambiente e l'identità della cultura Maya, di cui l'apicoltura è parte integrante.
Cosciente che la sua battaglia non poteva basarsi solo su proteste, ha cercato di avere il conforto delle università messicane per documentare l'impatto della coltivazione di semi di soia geneticamente modificati sul miele, sull'ambiente e sulle persone.

Dopo tre anni di contenzioso, la Corte Suprema messicana le ha dato ragione, pronunciandosi a favore degli apicoltori - e quindi revocando la licenza alla Monsanto - e stabilendo che il governo aveva violato i diritti costituzionali dei Maya, non avendoli consultati prima di consentire l'avvio della coltivazione di soia modificata.
Per l'America Latina, il Goldman Prize ha riconosciuto la battaglia legale di Nemonte Nenquimo, già eletta come una delle 100 personalità più influenti al mondo nel 2020 dalla rivista americana Time. Nemonte Nenquimo, 34 anni, una indigena dell'Ecuador, appartiene al popolo Waraoni. È stata protagonista di una battaglia legale contro lo sfruttamento del petrolio in Ecuador, per salvaguardare (“per mia figlia e per gli altri bambini della nostra comunità”) 180.000 ettari di foresta pluviale amazzonica ancora vergine, che appartengono al suo popolo e che gli impianti estrattivi avrebbero messo in pericolo.

Come presidente del Consiglio Waorani (l'assemblea del suo popolo), nel 2019, ha ottenuto una clamorosa vittoria giudiziaria, sconfiggendo in un'aula di giustizia lo Stato.
La comunità Waorani ormai conta meno di cinquemila individui, che possiedono 800.000 ettari di foresta in tre Stati dell'Ecuador, ma solo l'1 per cento di esso è incontaminato. A fermare l'intenzione del governo di Quito di dare il via a prospezioni petrolifere in questa area è stata la determinata azione di questi cacciatori-raccoglitori, che si considerano i guardiani della foresta pluviale amazzonica. Nemonte ha portato il governo in tribunale e lo ha sconfitto, ottenendo un precedente legale a tutela dei diritti delle popolazioni indigene.
L'impegno di Nemonte Nenquimo a favore della sua comunità è andato oltre, aiutandola ad installare sistemi di raccolta dell'acqua piovana e pannelli solari. Alcuni dei giovani Waorani hanno anche avuto una formazione da cineasti, in modo da filmare il lavoro della loro gente.

Nemonte ha voluto dire che non ha inteso solo difendere il suo popolo, ma “la foresta, che dà aria pulita al mondo. E la foresta è l' unica cosa da lasciare in eredità, perché senza territorio non esisteremmo come aborigeni”.

Per l'Asia, il Goldman Environmental Prize è stato assegnato a Paul Sein Twa, il cui impegno ha consentito la creazione di un'area protetta in Myanmar, in collaborazione con il suo popolo, i Karen.
Cresciuto lungo il confine tra Thailandia e Myanmar in zone di conflitto, Paul Sein Twa ha deciso di impegnarsi per la salvaguardia del bacino del fiume Salween, di fronte al crescente sviluppo industriale. Il bacino è un'importante area di biodiversità che ospita le popolazioni autoctone Karen.
Nel 2018, dopo avere coinvolto 348 villaggi in eventi in cui si è discusso del suo progetto, Paul Sein Twa ha organizzato un referendum comunitario per far approvare uno statuto e una struttura di governo. I tre quarti dei votanti si sono espressi a favore del suo progetto, dando così via libera alla istituzione del Parco della Pace di Salween, che protegge un ecosistema continuo di quasi 5.500 km2.

Il parco comprende 27 foreste comunitarie e tre santuari della fauna selvatica, consentendo la protezione di animali in via di estinzione come le tigri, una specie di pangolino, il gibbone e l'orso nero. Nella motivazione del premio si afferma che Paul Sein Twa ha combinato abilmente l'attivismo ambientale di base e l'autodeterminazione degli indigeni per creare il Parco della Pace: “grande vittoria per la pace e la conservazione in Myanmar”.
Gli altri vincitori sono: Chibeze Ezekiel per l'Africa, Kristal Ambroise per le isole e le nazioni insulari e Lucie Pinson per l'Europa.
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