Hamas apre a una tregua di 5 anni in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Hamas ha fatto sapere di essere disposta a concedere una tregua di cinque anni con Israele in cambio della liberazione completa degli ostaggi israeliani ancora detenuti nella Striscia di Gaza. La proposta, trapelata da fonti vicine al movimento islamista e poi confermata da emissari del Qatar coinvolti nella mediazione, segna un punto di svolta potenziale nel conflitto ormai cronicizzato. Si tratterebbe, se accolta, della tregua più lunga mai formalmente proposta da Hamas, che in passato ha sempre optato per cessate il fuoco temporanei e frammentari. L’offerta, tuttavia, arriva in un momento di massima tensione.
Hamas apre a una tregua di 5 anni in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi
Mentre Hamas propone la tregua, dal fronte israeliano giungono segnali opposti. Il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, si è recato in visita a Mar-a-Lago, la residenza di Donald Trump, dove avrebbe discusso – secondo fonti ufficiose – della possibilità di intensificare la pressione militare e psicologica su Gaza, anche attraverso operazioni mirate contro i depositi di alimentari. “Bombardare i punti logistici chiave, compresi quelli che distribuiscono viveri, è una leva per ottenere risultati rapidi”, avrebbe detto Ben-Gvir in un colloquio riservato. Parole che hanno suscitato fortissime reazioni internazionali.
La condanna europea e il blocco umanitario
Regno Unito, Francia e Germania hanno condannato apertamente la proposta israeliana di colpire i depositi alimentari, definendola “intollerabile” e “contraria al diritto internazionale umanitario”. I tre governi hanno esortato Israele a porre fine immediatamente al blocco degli aiuti verso la Striscia di Gaza, già ridotti al minimo e soggetti a continui rallentamenti. L’Onu ha aggiunto che “qualsiasi azione militare che colpisca le risorse vitali della popolazione civile costituisce un crimine di guerra”. Da giorni, le organizzazioni umanitarie denunciano una crisi alimentare senza precedenti: l’80% della popolazione dipende interamente dagli aiuti esterni.
La proposta di tregua: contenuti e implicazioni
Nel dettaglio, Hamas avrebbe garantito il rilascio di tutti gli ostaggi ancora detenuti – una cifra stimata tra le 25 e le 40 persone – in cambio dell’impegno israeliano a non condurre operazioni militari nella Striscia per un periodo di cinque anni. In questo arco di tempo, sarebbe previsto anche un graduale allentamento dell’embargo economico e l’ingresso di aiuti per la ricostruzione, sotto supervisione internazionale. Il piano, mediato dal Qatar con il supporto dell’Egitto, prevede anche la possibilità di un meccanismo di verifica gestito da osservatori ONU e Croce Rossa.
L’equilibrio precario del governo Netanyahu
La risposta israeliana, tuttavia, si preannuncia tutt’altro che compatta. All’interno del governo di Benjamin Netanyahu, le posizioni sono divergenti: alcuni ministri, tra cui il titolare della Difesa Yoav Gallant, considerano la proposta di Hamas una base da esplorare. Altri, come Ben-Gvir e Smotrich, la ritengono “una trappola per guadagnare tempo e riarmarsi”. Netanyahu, che non ha ancora commentato ufficialmente, si trova stretto tra la pressione interna di un elettorato radicalizzato e le richieste internazionali di allentare la morsa su Gaza.
Un equilibrio diplomatico fragile
Il rischio è che le trattative vengano sabotate sul nascere da una recrudescenza delle ostilità. Hamas, attraverso le sue dichiarazioni, sembra voler mostrare un volto pragmatico, ma l’assenza di una vera autorità palestinese unitaria complica l’attuazione di qualsiasi accordo. Intanto, gli Stati Uniti si mantengono prudenti: il segretario di Stato Antony Blinken ha chiesto “una valutazione dettagliata e unitaria” della proposta. I prossimi giorni saranno cruciali per capire se la finestra diplomatica resterà aperta o se, come troppe volte in passato, la realtà del conflitto tornerà a prevalere sul tentativo di una tregua strutturata.