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L’Italia al voto tra diritti e tensioni: il referendum dell’8 e 9 giugno come specchio del Paese

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
L’Italia al voto tra diritti e tensioni: il referendum dell’8 e 9 giugno come specchio del Paese

L’8 e il 9 giugno 2025, gli italiani torneranno alle urne per una tornata referendaria che, al di là dell’aspetto formale, si configura come un banco di prova politico, culturale e sociale. In un Paese attraversato da fratture profonde, il ricorso alla democrazia diretta assume i contorni di un confronto sul modello di società, più che su semplici articoli di legge. I cinque quesiti abrogativi al centro della consultazione toccano nervi scoperti: la tutela del lavoro, le dinamiche della precarietà, la sicurezza nei cantieri, la responsabilità d’impresa, l’accesso alla cittadinanza.

L’Italia al voto tra diritti e tensioni: il referendum dell’8 e 9 giugno come specchio del Paese

Non è la prima volta che il diritto del lavoro finisce al centro di un referendum, ma stavolta lo scenario è diverso. Dopo anni di erosione delle tutele, l’istanza che chiede di superare le norme del Jobs Act — quelle che avevano cancellato il reintegro in caso di licenziamento illegittimo per i neoassunti — riapre un conflitto mai sopito tra chi invoca flessibilità e chi rivendica dignità. Le forze sindacali, alcune delle quali tra i promotori della consultazione, sottolineano come quella legge abbia ridotto il potere contrattuale dei lavoratori, mentre le associazioni datoriali ammoniscono sul rischio di una regressione normativa.

La posta in gioco è altrettanto alta sul fronte dei piccoli datori di lavoro, laddove si propone di rimuovere il tetto massimo alle indennità nei casi di licenziamento ingiustificato in aziende sotto i sedici dipendenti. Per i promotori si tratta di ristabilire un principio di equità tra i lavoratori, indipendentemente dalle dimensioni aziendali. Per i critici, un simile intervento rischierebbe di scoraggiare l’occupazione in un tessuto produttivo già fragile.

Ma è sulla flessibilità contrattuale che si gioca una delle partite più delicate. L’idea di riportare indietro l’orologio sui contratti a termine, limitandone durata e rinnovi, nasce dalla constatazione che la precarietà è diventata la norma, non l’eccezione. Eppure, nelle stanze del potere economico, prevale il timore che norme più rigide possano comprimere ulteriormente la già bassa propensione all’assunzione, specie tra le piccole imprese e nel Sud.

Il tema della sicurezza sul lavoro irrompe con forza nel quesito che riguarda la responsabilità nei cantieri. Si tratta di una modifica alla disciplina della responsabilità solidale del committente, introdotta nel tempo con l’obiettivo di semplificare i processi ma che, secondo i promotori del referendum, ha avuto l’effetto di indebolire le garanzie per i lavoratori degli appalti. In un Paese in cui, ogni anno, migliaia di persone perdono la vita sul lavoro, il tema non può essere liquidato come una questione tecnica.

Il referendum sulla cittadinanza è forse il più simbolico. La proposta di dimezzare da dieci a cinque anni il periodo minimo di residenza per ottenere la cittadinanza italiana per gli extracomunitari adulti riapre un dibattito che in Parlamento si trascina da decenni. I sostenitori vedono in questo quesito un passo verso l’inclusione, la modernizzazione giuridica e la giustizia per centinaia di migliaia di cittadini stranieri radicati nel Paese. I contrari parlano di un cedimento ideologico, di una scorciatoia che ignorerebbe l’assimilazione culturale.

Tutti i quesiti, pur con sfumature diverse, toccano lo stesso nodo: il rapporto tra diritti, mercato e identità. E proprio per questo, sebbene formulati con il linguaggio dell’abrogazione normativa, vanno ben oltre la grammatica dei codici. La posta in gioco è culturale. La campagna referendaria, iniziata in sordina, si è accesa man mano che la data si è avvicinata. I partiti, finora cauti, iniziano a prendere posizione. Il centrosinistra tende a convergere sul sì, mentre il centrodestra si mostra più propenso al no o all’astensione, puntando sul fallimento del quorum. Intanto, sui social e nelle piazze, i comitati referendari moltiplicano gli appelli al voto.

Se l’affluenza supererà il 50%, come previsto per la validità della consultazione, sarà un segnale importante: non solo per il contenuto delle norme, ma per la partecipazione democratica in un tempo di disillusione politica. In gioco, non c’è solo l’abrogazione o la conferma di una norma, ma la direzione del Paese. E in tempi così fragili, anche una scheda può fare storia.

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