Mosca ha celebrato il 9 maggio, Giorno della Vittoria, con la consueta parata militare sulla Piazza Rossa, ma quest’anno lo scenario è stato ancora più denso di significati e di messaggi politici. Alla presenza del presidente russo Vladimir Putin e del leader cinese Xi Jinping, la manifestazione ha assunto una valenza che va ben oltre la commemorazione della vittoria sulla Germania nazista. A fare notizia è la compattezza dimostrata tra i due leader, in un momento in cui la Russia è isolata da gran parte dell’Occidente per la guerra in Ucraina.
Putin e Xi insieme sulla Piazza Rossa: “La verità è dalla nostra parte”
Nel suo discorso alla nazione, pronunciato con toni solenni davanti a una platea scelta di dignitari stranieri, Putin ha sottolineato che “tutta la Russia sostiene l’offensiva” in Ucraina. Non si tratta di un messaggio interno, ma di una dichiarazione rivolta all’esterno, per ribadire che il Cremlino non arretra e che il conflitto è visto come una battaglia di civiltà. “La Russia è stata e sarà un ostacolo invalicabile al nazismo, alla russofobia e all’antisemitismo”, ha detto il presidente, riproponendo una narrazione che lega il presente al passato sovietico, cercando di giustificare l’invasione dell’Ucraina come una lotta contro un nemico ideologico.
L’alleanza sino-russa sotto i riflettori
La presenza di Xi Jinping ha conferito alla parata un valore strategico. La Cina, pur evitando finora di fornire armi direttamente alla Russia, ha mantenuto una postura ambigua nel conflitto, denunciando le sanzioni occidentali e rafforzando i legami commerciali con Mosca. Il messaggio che trapela dalla presenza dei due leader è chiaro: la saldatura tra Russia e Cina si consolida anche sul piano simbolico. “La verità e la giustizia sono dalla nostra parte”, ha ribadito Putin, un’espressione che sembra echeggiare la retorica condivisa tra i due regimi in risposta alle critiche dell’Occidente.
Un palcoscenico per il dissenso globale
Alla parata hanno partecipato anche rappresentanti di altri Paesi non allineati con l’Occidente, rafforzando l’immagine di una contro-narrazione geopolitica. Nelle intenzioni del Cremlino, la Piazza Rossa diventa il palcoscenico di un mondo alternativo, dove i confini della giustizia e della memoria storica sono ridefiniti da chi contesta l’egemonia statunitense e della NATO. È un chiaro tentativo di riposizionare la Russia come fulcro di un’alleanza globale contrapposta all’ordine liberale internazionale.
L’Ucraina come spartiacque del nuovo ordine
Le parole di Putin durante la cerimonia, e l’intera scenografia dell’evento, mostrano una Russia convinta che la guerra in Ucraina sia lo spartiacque di un nuovo ordine mondiale. “Combatteremo contro le atrocità commesse dai seguaci di convinzioni aggressive e distruttive”, ha aggiunto, con riferimento implicito a Kyiv e ai suoi alleati. La retorica del Cremlino trasforma il conflitto in un crocevia epocale, in cui Mosca si presenta come difensore della tradizione contro la degenerazione dell’Occidente.
Il nazismo come paravento ideologico
Il richiamo continuo al nazismo, utilizzato da Putin come giustificazione per la guerra, è parte di un’operazione ideologica che punta a riscrivere il significato della lotta contro l’Ucraina. Ma tale narrazione è stata più volte respinta da storici e leader occidentali, che la ritengono un uso strumentale e offensivo della memoria storica. Tuttavia, nel contesto russo, l’associazione tra l’odierna Ucraina e i nemici del passato serve a mobilitare l’opinione pubblica, evocando paure profonde e identità collettive.
Un’Europa preoccupata osserva da lontano
Il contrasto con il messaggio lanciato da Sergio Mattarella per la Festa dell’Europa, nello stesso giorno, non potrebbe essere più netto. Da un lato, un appello alla responsabilità e alla coesione democratica; dall’altro, una manifestazione di potenza militare e orgoglio nazionalista. L’Europa osserva con crescente preoccupazione il rafforzamento del fronte sino-russo, consapevole che la parata sulla Piazza Rossa non è solo una celebrazione storica, ma un manifesto di sfida al sistema di alleanze occidentale.
Il futuro tra simboli e realtà
Mentre i carri armati scorrono sulla piazza e gli aerei sorvolano il Cremlino, la distanza tra le visioni del mondo si allarga. Il 9 maggio 2025 segna l’ennesimo episodio di uno scontro simbolico, ma anche concreto, tra due modelli opposti di società e potere. La domanda che resta sospesa è quanto questo teatro retorico possa tradursi ancora in concrete escalation militari e diplomatiche. E se ci sarà spazio, prima o poi, per un ritorno al dialogo.