Una scuola più selettiva

- di: Riccardo Zianna
 
A Chicago niente Esame di Stato per chi non ha già deciso il suo futuro

In Italia nessuno aiuta gli studenti nella scelta del futuro. Negli States è guerra ai “bamboccioni” con la proposta del Sindaco di Chicago Rahm Emanuel.

Che l’Esame di Stato o, meglio, la Maturità, trasmetta ansia e terrore negli studenti di tutto il mondo è cosa ben nota. Dopotutto, è il primo vero scoglio della carriera di ogni alunno. È l’esame più blasonato, millantato, raccontato e filmato. Arriva in un momento in cui i ragazzi non hanno ancora capito se sono diventati grandi o se sono troppo piccoli per uscire dall’involucro della scuola. È un momento difficile, che, però, non insegna a pieno a superare gli ostacoli che il futuro prossimo sembra destinato a disegnare per ognuno di loro. E la scuola italiana cosa fa? Tendenzialmente nulla. Si contano sulla metà delle dita di una mano gli istituti che forniscono corsi di orientamento universitario realmente formativi o utili per i dottorandi di domani. Dunque, in molti scelgono facoltà “per sentito dire” o, peggio, per volere dei genitori. Il tutto, senza alcun tipo di cognizione di causa né certezza di cosa sarà la propria carriera nel futuro. Ovviamente esiste anche chi ha le idee chiare sin da subito o che, comunque, durante il quinquennio matura una propria convinzione. Poi sarà il destino a dire se ha avuto ragione o meno.

Eppure un bel giorno del 1492 un audace esploratore (che chiameremo Cristoforo Colombo) decise di smettere di stare a casa a guardare il soffitto e andare a vedere cosa ci fosse oltre le Colonne d’Ercole. Va bene che il suo intento era quello di fare un giro da un’altra parte, però diciamo che chiamarlo “rivoluzionario” potrebbe essere alquanto riduttivo. Ebbene, da quel lontano giorno le cose sono cambiate drasticamente: gli Stati Uniti sono diventati punto di riferimento in tutto il Mondo e anche nell’ambito scolastico-universitario l’appeal è cresciuto in modo da consacrarli a testa di serie in questo ambito. Di fatto, uno Stato diventa grande quando le sue basi sono solide. Tra le principali basi di una Nazione c’è senza dubbio la scuola. Dunque, se il più classico dei sillogismi può aiutarci, è evidente che uno Stato diventa grande quando il suo sistema scolastico funziona. Cementificare lo “strato più basso” per far brillare “i piani alti”.
Entriamo nell’argomento vero e proprio, presentando il protagonista.
Rahm Emanuel, sindaco di Chicago, ha preso una decisione attuabile già dal 2020 che è destinata a rivoluzionare il sistema scolastico della città. Ovviamente, se tutti gli organi preposti a questo tipo di scelta saranno d’accordo. Ha recentemente illustrato il suo personale progetto che prevede l’ammissione all’Esame di Maturità solamente per gli studenti che sono stati accettati in un’Università, si sono arruolati nel servizio militare o hanno ricevuto una proposta lavorativa certificata. Fantastico. In sintesi, solo chi ha già deciso il suo futuro o comunque è sicuro che per qualche anno avrà un’occupazione stabile e solida potrà concludere il suo percorso di studi liceale. La cosa più bella, davvero, è che Emanuel ha previsto anche il famoso “gap year”. Sì, l’anno sabbatico. Anche in questo caso, vince la serietà: se uno studente presenta un piano puntuale e responsabile della propria scelta di “staccare la spina” per 365 giorni, sarà ben lieta l’amministrazione comunale a concedergli questo stop a tempo determinato. Ciò che fa riflettere è che proposte simili prendano quota in un paese in cui la disoccupazione è scesa al 5% a seguito dell’amministrazione Obama, mentre da noi in Italia, quella giovanile è stabilmente oltre il 30% per la fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni.

Dunque, facciamo un passo indietro. E lo Stivale come si comporta con i futuri maturandi? Qui da noi sta prendendo sempre più piede il progetto dell’alternanza scuola-lavoro. Sì, le differenze con l’idea di Emanuel sono molte e le critiche che stanno piovendo giù dal cielo da parte degli studenti e degli insegnanti non sono poche. Un punto d’incontro tra le due proposte, però, esiste. Uno degli ultimi otto decreti attuativi della “Buona Scuola” entrati in vigore il 7 Aprile scorso parla chiaro: dal 2019, gli studenti italiani, per essere ammessi alla Maturità, dovranno sostenere uno stage di lavoro obbligatorio durante gli ultimi tre anni di liceo. Certo, per tutto il resto, Chicago sembra davvero essere proiettata verso un futuro anti-bamboccioni.

A questo punto, sembra opportuno spendere qualche parola sugli altri decreti approvati. Ad esempio, salta all’occhio la promozione dell’inclusione scolastica delle studentesse e degli studenti con disabilità. Diciamolo apertamente: le scuole italiane non sono sempre pronte ad offrire la giusta assistenza per i ragazzi con queste difficoltà. E parliamo non solo di infrastrutture, ma anche e, soprattutto, di personale qualificato e pronto a sostenerli. Mancano computer, aule, idee, passione. Mancano troppe cose. Il MIUR stesso riporta la volontà di “garantire una scuola sempre più accogliente […] rafforzando il ruolo delle famiglie e delle associazioni nei processi di inclusione e coinvolgendo – anche e soprattutto attraverso la formazione in servizio – tutte le componenti del personale scolastico”. Quest’ultima frase deve far riflettere. Il Ministero fa riferimento non solo al personale specializzato, ma a tutto il personale scolastico in generale. Così deve essere. Se un alunno si dovesse trovare in difficoltà o, peggio, in pericolo di vita, tutti i componenti dell’organo scolastico devono ( e non “dovrebbero”) essere in grado di poter intervenire in maniera attiva e puntuale. I rischi sono elevati, ma un professore deve essere prima di tutto un educatore per i propri studenti e deve diventare un punto di riferimento. La distanza tra docenti e alunni è, probabilmente, una delle cause principali del declino dell’istruzione in Italia. Tra l’altro, sempre il MIUR ha disposto che “il provvedimento introduce l’obbligo di tenere conto della presenza di alunne e alunni diversamente abili per l’assegnazione del personale Ata alle scuole”.

Doveroso, aprire un capitolo sul Diritto allo Studio. Su questo tema, il MIUR ha previsto “specifici finanziamenti per sostenere il welfare studentesco: 30 milioni vengono destinati per il 2017 (diventano 39,7 a regime dal 2019) alla copertura di borse di studio grazie alle quali studentesse e studenti delle scuole secondarie di II grado potranno avere supporto per l’acquisto di materiale didattico, per trasporti, per accedere a beni di natura culturale. […] Altri 10 milioni (all’anno, fino al 2019/2020) vengono stanziati per l’acquisto di sussidi didattici nelle scuole che accolgono alunne e alunni con disabilità”. Non è provvedimento che deve passare in sordina. Tra crisi economica e rigidità per quanto riguarda l’acquisto di tutto il corredo scolastico, le famiglie trovano sempre più ostacoli sul cammino dei propri figli nel favoloso mondo dell’istruzione italiana. Partendo dal nome, “Diritto allo Studio”, si percepisce una forte volontà nel dare modo proprio a tutti di intraprendere un percorso educativo dignitoso. È giusto e sano che uno Stato accompagni i propri studenti nel percorso di crescita culturale con agevolazioni e certezze sia dal punto di vista economico che da quello qualitativo della proposta formativa.

Siccome, inoltre, si è parlato a lungo di Chicago, come non citare il decreto della Buona Scuola in merito al riordino della normativa in materia di scuole italiane all’estero. Il MIUR recita apertamente: “[…]La volontà è quella di colmare le distanze e le frammentazioni oggi esistenti fra le scuole del sistema nazionale e quelle all’estero, estendendo le innovazioni introdotte dalla Buona Scuola anche negli istituti scolastici che operano fuori dal Paese. Questo si tradurrà, per esempio, nell’istituzione dell’organico del potenziamento anche all’estero. Si tratta di 50 ulteriori insegnanti (si passa da 624 a 674), nuove risorse professionali grazie alle quali si potrà lavorare di più su musica, arte o cinema e garantire il sostegno alle alunne e agli alunni che ne hanno bisogno”. In aggiunta, “Le scuole italiane all’estero potranno partecipare ai bandi relativi al Piano nazionale scuola digitale e saranno inserite nel sistema nazionale di valutazione. Sono previste maggiori e nuove sinergie con istituzioni ed enti che promuovono e diffondono la nostra cultura nel mondo e, infine, piena trasparenza delle scuole all’estero all’interno del portale unico della scuola”. Una ventata di internazionalizzazione del nostro sistema scolastico risulta oltremodo necessario. Siamo nel 2017, l’Italia sembra ancora legata a sistemi e concetti eccessivamente datati. I progetti Erasmus sono in crescita, questo è vero, ma se guardiamo alla digitalizzazione e alla modernizzazione delle nostre scuole è evidente che lo Stivale è anni luce indietro rispetto a molti altri paesi europei (per non parlare del resto del mondo). Un esempio? Recentemente è stato scoperto che a Caserta ben 93 scuole rischiavano di chiudere i battenti molto prima del normale termine dell’anno scolastico perchè risultavano non conformi alle norme di sicurezza. Ma a voi, tutto ciò, sembra giusto? È giusto che i ragazzi finiscano in strutture non aggiornate, sia da un punto di vista infrastrutturale che didattico? Rispondere con un “no” sembra davvero la soluzione migliore…

Lucio Dalla cantava: “Ma l’America è lontana, dall’altra parte della Luna”. Eppure, nel 2017, siamo proprio sicuri che il cantautore bolognese abbia ancora ragione e che, quindi, l’Italia non possa davvero prendere spunto dalle idee a stelle e strisce?

Alla nostra classe politica, l’arduo compito di dare risposta a questa scomoda domanda.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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