Per la prima volta dalla sua istituzione, il capo del Pentagono non parteciperà all’incontro del gruppo di contatto per il coordinamento dell’assistenza militare all’Ucraina, noto come formato Ramstein. L’assenza del segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth è stata ufficializzata nella mattinata di oggi e segna un cambio di passo, o quantomeno di tono, nella postura americana rispetto al conflitto in corso. Hegseth non sarà presente né fisicamente né in collegamento video, e arriverà a Bruxelles solo in serata, a vertice già concluso.
Salta la presenza del capo del Pentagono al vertice Ramstein, segnale inquietante sull’Ucraina
La sua assenza, pur giustificata da ragioni logistiche non meglio specificate, ha già acceso le speculazioni tra gli osservatori internazionali, che vi leggono un possibile segnale di riposizionamento strategico della nuova amministrazione Trump.
L’importanza del formato Ramstein
Il gruppo di contatto di Ramstein, che riunisce oltre 50 Paesi, è diventato fin dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina il principale strumento di coordinamento multilaterale per il sostegno militare a Kyiv. Creato su iniziativa statunitense e ospitato regolarmente nella base aerea americana in Germania, il formato ha finora rappresentato il cuore pulsante della risposta occidentale all’aggressione russa, mettendo in comune intelligence, logistica, strategie e forniture militari. Ogni riunione di Ramstein è sempre stata presieduta dal segretario alla Difesa statunitense, figura centrale sia simbolicamente sia operativamente. L’assenza odierna rompe dunque una prassi consolidata e pone interrogativi sulla solidità della leadership americana nel sostegno all’Ucraina.
Il silenzio di Washington e i timori europei
Dal Dipartimento della Difesa Usa è arrivata solo una nota stringata che conferma l’assenza di Hegseth “per motivi di agenda internazionale”, senza fornire ulteriori dettagli. Una giustificazione che non basta a dissipare le inquietudini che si stanno diffondendo nelle cancellerie europee. Il governo tedesco, che da mesi lamenta difficoltà nel mantenere alto il livello di assistenza a Kyiv, teme ora che il sostegno americano possa diventare meno prioritario nel nuovo corso trumpiano. Fonti diplomatiche a Berlino parlano di “preoccupazione crescente” per la tenuta dell’alleanza transatlantica sul dossier ucraino, mentre a Parigi e Varsavia si valuta la necessità di accelerare scenari alternativi nel caso in cui Washington dovesse gradualmente disimpegnarsi.
Le implicazioni per il conflitto in Ucraina
La mancata partecipazione del capo del Pentagono al vertice Ramstein avviene in un momento estremamente delicato per la guerra in Ucraina. Le forze russe hanno intensificato gli attacchi nel nord-est, in particolare nella zona di Kharkiv, mentre le difese ucraine lamentano carenze di munizioni e ritardi nelle forniture occidentali. In questo contesto, ogni segnale proveniente dagli Stati Uniti viene letto a Kyiv come un possibile indicatore della solidità del sostegno occidentale. Il governo Zelensky, pur evitando dichiarazioni ufficiali sull’assenza di Hegseth, non ha nascosto nei giorni scorsi una certa preoccupazione per il rallentamento delle decisioni strategiche a Washington.
La postura dell’amministrazione Trump
La politica estera della nuova amministrazione americana resta ancora in fase di definizione, ma i segnali che giungono da Capitol Hill parlano chiaro: la priorità dell’America First torna ad essere dominante. I colloqui con Mosca sono ricominciati su canali diplomatici laterali, e la Casa Bianca non ha escluso pubblicamente un ricalibramento del coinvolgimento statunitense nel conflitto. Il partito repubblicano appare diviso: da un lato chi sostiene che l’America debba proseguire il supporto a Kyiv per difendere i valori occidentali; dall’altro un’ala sempre più influente che considera la guerra un affare europeo da gestire in autonomia. L’assenza di Hegseth potrebbe dunque essere letta anche come un compromesso interno tra le due anime della politica estera trumpiana.
Reazioni e prospettive
Nel frattempo, i ministri della Difesa dei Paesi europei hanno ribadito, in apertura del vertice, l’impegno a mantenere alta la pressione sul Cremlino. Il ministro tedesco Boris Pistorius ha dichiarato: “L’unità dell’Occidente non può venire meno ora, sarebbe il peggior segnale possibile”. Analoga la posizione espressa dal ministro Guido Crosetto, che ha parlato di “un momento che richiede più che mai coerenza e fermezza”. La diplomazia europea si muove su un crinale stretto: da un lato il timore di un ripiegamento americano, dall’altro la consapevolezza che solo una postura condivisa potrà garantire all’Ucraina le risorse necessarie per resistere a lungo.
Un segnale da non sottovalutare
L’assenza del segretario alla Difesa Usa alla riunione di Ramstein è un evento che, per quanto minimizzato a livello formale, rappresenta un cambio di tono nel rapporto tra gli Stati Uniti e i partner europei. Non è ancora un passo indietro, ma è senza dubbio un segnale: l’epoca dell’impegno automatico e continuo potrebbe essersi chiusa. Per l’Ucraina, e per l’intero assetto di sicurezza dell’Europa, è un campanello d’allarme che suona forte.