Un nuovo memorandum consegnato ai negoziatori ucraini a Istanbul da parte della Russia sembra mettere in discussione ogni prospettiva realistica di cessate il fuoco. Secondo quanto trapelato da fonti diplomatiche, Mosca richiede la revoca immediata della legge marziale vigente in Ucraina e la smobilitazione totale delle forze armate ucraine.
"Tregua solo se Kiev si ritira", le dure condizioni di Mosca
L’elemento più controverso della proposta è però la richiesta esplicita del ritiro di tutte le truppe ucraine dalle regioni attualmente contese e occupate in parte dall’esercito russo, tra cui Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Tali territori, benché riconosciuti a livello internazionale come parte dell’Ucraina, sono stati annessi unilateralmente da Mosca tra il 2022 e il 2023.
Le reazioni di Kiev e lo scontro diplomatico
La reazione del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj non si è fatta attendere. In una nota ufficiale ha definito “inaccettabili” le condizioni poste da Mosca, sostenendo che esse rappresentano un tentativo mascherato di legittimare l’aggressione russa. Zelenskyj ha rinnovato la richiesta agli alleati occidentali affinché rafforzino il pacchetto sanzionatorio contro la Russia, nel tentativo di esercitare una maggiore pressione sul Cremlino e impedirgli di imporre soluzioni unilaterali attraverso la forza. Le sue parole sono state pronunciate in un clima già teso, acuito dalle recenti avanzate russe nella zona di Kharkiv e dall’aumento degli attacchi missilistici su infrastrutture civili.
Il ruolo di Trump e l’offerta turca
A riaccendere un tenue spiraglio sul fronte diplomatico è stato l’annuncio, nelle stesse ore, di una possibile mediazione tripartita. Recep Tayyip Erdogan ha proposto di ospitare un vertice di pace in Turchia con la partecipazione dei leader russo, ucraino e statunitense. Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti, ha confermato di essere disponibile ad accogliere l’invito, aprendo formalmente alla possibilità di un incontro con Vladimir Putin e Volodymyr Zelenskyj. “Se c’è una chance per fermare la guerra, io ci sarò”, avrebbe detto secondo fonti vicine alla Casa Bianca. La disponibilità di Washington potrebbe rappresentare un punto di svolta, ma il rischio di una nuova impasse resta elevato.
Lo stallo sui minori trasferiti in Russia
Un altro tema che complica la trattativa riguarda il destino di 339 minori ucraini che Kiev rivendica come cittadini illegalmente deportati in territorio russo. Le autorità russe respingono le accuse di rapimento, sostenendo che i bambini sono stati trasferiti per garantire loro protezione dalle aree bombardate. Kiev insiste nel volerli riavere indietro, parlando di una “strategia di assimilazione forzata” messa in atto da Mosca. Il caso ha attirato anche l’attenzione della Corte penale internazionale, che ha già spiccato un mandato contro funzionari russi per crimini contro l’umanità legati a questi trasferimenti. È un tema altamente simbolico e diplomaticamente esplosivo.
Escalation o negoziato: il bivio del conflitto
A più di due anni dall’inizio dell’invasione, il conflitto russo-ucraino appare in una fase di pericolosa cristallizzazione. Sul campo si registrano nuove offensive da entrambe le parti, ma nessuno sembra in grado di ottenere una vittoria definitiva. Al tempo stesso, le condizioni poste da Mosca per un cessate il fuoco sembrano più volte indirizzate a congelare i territori conquistati, che a costruire una pace giusta e condivisa. L’apertura statunitense a un vertice resta uno dei pochi elementi dinamici in uno scenario che altrimenti rischia di trascinarsi in un logoramento indefinito, con pesanti conseguenze sul piano umanitario, economico e geopolitico.