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Musk contro il lavoro da remoto: 40 ore in ufficio o scattano i licenziamenti

- di: Diego Minuti
 
Musk contro il lavoro da remoto: 40 ore in ufficio o scattano i licenziamenti
Elon Musk, se ha raggiunto i risultati che ne hanno fatto uno dei dieci uomini più ricchi al mondo, di qualità ne ha sicuramente. Certo non ha solo qualità, perché, di tanto in tanto, esce fuori dal seminato, sia con proposte che con atti concreti. Come certificato dal non limpidissimo modo di annunciare il suo tentativo di scalare la maggioranza di Twitter che, dicono alcuni azionisti che lo hanno citato davanti ad una corte americana, ha violato le rigide prescrizioni in termini di tempi della comunicazione. Ma oggi di Musk si parla per avere proclamato che non vuole sentire parlare più di smart working, dicendo ai suoi dipendenti che chi non è disposto a lavorare in ufficio per almeno 40 ore a settimana può anche prendere la strada dell'uscita.

Ora, a leggere le parole dure di Musk, viene il dubbio che la sua sia una precisa strategia, che mira a dividere il corpus produttivo di Tesla. Perché, ha detto, lavorare 40 ore in un ufficio è il minimo che lui si aspetta dai suoi impiegati che, se colti da dubbi e perplessità, prendano esempio dagli operai che lavorano nelle sue fabbriche ben oltre il tetto delle 40 ore proposte ai colletti bianchi dal boss di Tesla. 

Ecco quindi che, davanti ai suoi occhi, Musk vuole vedere la sua forza lavoro compatta, non tanto nella passione - che pare ci fosse anche in quelli che lavoravano da remoto nel periodo della pandemia - , quanto nelle prestazioni.

E' un momento evidentemente delicato delle strategie aziendali di Musk che si ritrova a doversi confrontare con del personale cui il lavoro a distanza è piaciuto tanto, non considerandolo quindi un modo anomalo di fornire le loro prestazioni, ma assolutamente gratificante dal punto di vista delle esigenze personali.

Per lui, invece, lavorare da remoto comporta troppe zone d'ombra, in cui si infilano quelli che evidentemente a casa si sentono meglio, magari perché non spendono un capitale per raggiungere l'ufficio, non restano in auto per tempi inenarrabili in balia del traffico, ma anche forse perché riassaporano le gioie della vita in famiglia, a patto che i figli-bambini non si infilino durante le videoconferenze. 

Elon Musk forse è solo il primo di una lista di imprenditori che chiedono ai loro dipendenti di tornare a lavorare in ufficio dopo lo smart working del periodo della pandemia. Ma è un fronte affatto compatto perché altri giganti economici - soprattutto del settore tecnologico - stanno prendendo in seria considerazione il lavoro da remoto totale o per un numero congruo di giorni a settimana. Perché, dicono, più il lavoratore è contento, meglio serve all'azienda. Ma il dubbio che ci sia qualcuno che se ne approfitti resta sempre nell'aria. Musk, che non ama gli arzigogoli, è andato giù duro dicendo che chi non accetterà le sue condizioni può andare via. Anzi, ha detto, può andare a fingere di lavorare altrove. Tutto ora è rimandato alla prossima puntata, perché i dipendenti di Tesla hanno cominciato a rumoreggiare, anche se alla fine ogni loro decisione dovrà essere presa con un occhio al portafoglio.
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