La fabbrica della benzina: dopo il via libera dell'Ue inizia la corsa agli ecocarburanti, cosa accadrà da qui al 2035

- di: Mario Rossi
 
La decisione del consiglio europeo del 28 marzo scorso di mantenere l’obiettivo “emissioni zero” di CO2 allo scarico delle auto di nuova immatricolazione entro il 2035, ma di “aprire” ai motori endotermici alimentati da carburanti sintetici, ha fatto scoprire a tutti che la benzina e il gasolio si possono produrre artificialmente. E che, anzi, già si fabbricano in impianti che nulla hanno a che fare con le raffinerie tradizionali in cui il petrolio greggio estratto dai tradizionali pozzi terrestri e off-shore, distanti spesso migliaia di chilometri, viene raffinato e scomposto, appunto, nei prodotti con cui riforniamo le nostre macchine nelle stazioni di servizio.
Gli addetti ai lavori li chiamano eFuel o e-fuel, “crasi” di “electricity-based fuel” o, più semplicemente, di “electrofuel”, ossia carburante a base di elettricità. In cui, però, la lettera “e” evoca furbescamente anche la parola “ecologia”, realizzando il concetto, anzi l’ossimoro, anzi il doppio ossimoro, di carburante ecologico e carburante elettrico.

La fabbrica della benzina: dopo il via libera dell'Ue inizia la corsa agli ecocarburanti, cosa accadrà da qui al 2035

In effetti benzina e gasolio sintetici si presentano, sulla carta, davvero green: le materie prime necessarie, aria e acqua, sono sostanzialmente illimitate e sono disponibili ovunque e la combustione all’interno dei motori delle auto emette più o meno la stessa quantità di anidride carbonica utilizzata per realizzarli con energie rinnovabili.
Sulla carta, tutto molto bello: una sorta di chiave di volta in grado di tenere insieme il motore endotermico - al quale moltitudini di persone non intendono rinunciare e di cui in interi continenti non si potrà fare a meno per molto tempo - con l’azzeramento delle emissioni climalteranti allo scarico delle automobili imposto dall’Unione europea. E che, sempre in teoria, ci libererà dal petrolio, ingombrante politicamente e impattante ambientalmente.

Acqua+Aria+Energia+Additivi=Benzina

Ma come fa l’acqua a trasformarsi nei carburanti che forse un giorno alimenteranno le nostre macchine con motore endotermico e che già oggi lo fanno nelle sperimentazioni che si stanno conducendo in giro per il mondo? Semplificando al massimo, le fabbriche della benzina e del gasolio prelevano acqua dove non scarseggia mai, ossia dal mare, e anidride carbonica dall’aria (di cui occorre trattare enormi quantità, visto che la concentrazione media di CO2 nell’atmosfera si aggira attorno alle 400 parti per milione, lo 0,04%). Dopo averla filtrata e distillata, l’acqua viene scomposta nei suoi elementi costitutivi mediante un processo elettrolitico, ossia utilizzando la forza dell’energia elettrica per separare la molecola di H2O, in ossigeno e idrogeno. Il primo è reimmesso nell’atmosfera o destinato ad altri usi, il secondo (H2) è invece combinato con l’ossido di carbonio (CO) ricavato dall’anidride carbonica (CO2) presente nell’aria, anch’essa opportunamente filtrata. Il risultato della reazione catalizzata è il metanolo (CH3OH) che, a sua volta, viene poi trasformato - con ulteriori procedimenti chimici ed eventualmente con l’aggiunta di specifici additivi - in eBenzina e eDiesel.
Il tutto, utilizzando energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, enormi campi fotovoltaici o giganteschi impianti eolici realizzati, possibilmente, nelle immediate vicinanze delle fabbriche. E l’ulteriore vantaggio di non dover realizzare ex novo una rete di distributori stradali, come invece accadrebbe con l’idrogeno o come sta accadendo con le colonnine di ricarica elettrica, visto che il carburante sintetico è identico a quello minerale.

Resta il problema delle emissioni inquinanti e del costo
Tutto bene, dunque? Mica tanto. Al di là del fascino che questa narrazione obiettivamente suscita, le controindicazioni, sui carburanti sintetici come alternativa all’elettrico o all’idrogeno, sono molte e tutt’altro che speciose. Senza addentrarsi in approfondimenti tecnici in termini di efficienza - penalizzante per gli eFuel rispetto a idrogeno ed elettrico sia in fase di produzione sia in fase di utilizzo - la prima controindicazione è di natura ambientale. Per fabbricare eBenzina ed eDiesel serve molta acqua (il rapporto è circa due a uno, ossia due litri di materia prima per ogni litro di prodotto). E, soprattutto, molta energia elettrica, più di quella che servirebbe a ricaricare le batterie delle macchine elettriche o ad alimentare le auto a idrogeno.
Poi bisogna costruire le fabbriche - attualmente in tutto il mondo gli “stabilimenti”, compresi quelli sperimentali e quelli in costruzione o in fase di progettazione, sono appena 17, nessuno dei quali in Italia - e le centrali elettriche rinnovabili per alimentarle (che però vanno realizzate comunque).
Inoltre, è vero che gli eCarburanti possono essere considerati “carbon neutral”, ma le loro emissioni allo scarico non sono affatto pulite, visto che la combustione produce comunque inquinanti come i temutissimi ossidi di azoto e particolato.
Per non parlare della quantità di eFuel “fabbricabili”, secondo molti non sufficiente, persino in un orizzonte trentennale, ad alimentare anche il solo trasporto aereo, che del carburante, al contrario delle auto, non può fare a meno. Secondo Transport & Environment (T&E), organizzazione indipendente che promuove politiche di trasporto a zero emissioni e che tra i suoi membri annovera Legambiente, Kyoto Club e Cittadini per l’Aria, nel 2035 la disponibilità di carburanti sintetici potrà alimentare appena il 2% delle auto in circolazione in Europa, meno del 4% secondo altri studi. Con il non trascurabile effetto collaterale, si sostiene, di ritardare la transizione verso tecnologie come l’elettrico o l’idrogeno, quelle sì con zero emissioni allo scarico, sia di climalteranti come la CO2 sia di inquinanti come il particolato, gli idrocarburi e gli ossidi di carbonio e azoto.
Infine il costo, ossia la variabile che più condiziona l’appeal, tra cittadini e consumatori, delle innovazioni: secondo la stessa eFuel Alliance, il gruppo di interesse che promuove la produzione industriale dei carburanti sintetici e che riunisce, tra le altre, multinazionali petrolifere e automotive come Exxon Mobil, Repsol, Eni, Siemens Energy, Bosch, ZF, Iveco e Mazda, nel 2025 i costi di produzione di eFuel con un tasso di miscelazione del 4% con carburanti convenzionali saranno compresi tra 1,61 e 1,99 euro al litro - oltre il doppio del prezzo industriale attuale dei carburanti minerali, pari a poco più di 0,80 €/l al netto delle imposte - per poi diminuire progressivamente fino a raggiungere, senza miscelazione con benzina e gasolio di origine fossile, i livelli attuali nel 2050.

La transizione? Durerà decenni
Insomma, anche la transizione dai carburanti minerali a quelli sintetici (e a quelli di origine biologica, ossia ricavati da scarti agricoli e alimentari che però non sono carbon neutral), a dispetto degli entusiasmi suscitati dalla decisione del consiglio europeo nei politici italiani e tra gli irriducibili del motore endotermico, sarà lunga.
Come finirà? Impossibile dirlo, la sfida delle tecnologie e delle alimentazioni, e dei colossali interessi e investimenti che essa porta con sé, è appena iniziata. Di certo, per ora, c’è solo la decisione delle case automobilistiche di orientare massicciamente la spesa in ricerca e sviluppo nella direzione dell’elettrico. A noi cittadini e automobilisti resta la certezza che le macchine a benzina e gasolio, minerale o sintetico, continueranno a circolare sulle nostre strade - sindaci permettendo - per almeno altri due o tre decenni. E molto più a lungo in altre, vaste, aree del mondo.

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