L’inflazione in Giappone ha registrato un rallentamento nel mese di giugno, segnando un aumento del 3,3% su base annua rispetto al 3,7% rilevato a maggio. Il dato è stato accolto con cauto ottimismo dai mercati finanziari, ma rimane comunque ben al di sopra del target del 2% fissato dalla Bank of Japan (BoJ). Il calo, secondo gli analisti, è dovuto soprattutto alla diminuzione dei prezzi energetici e a un rallentamento del costo dei beni alimentari, due delle voci che avevano maggiormente pesato nei mesi precedenti sull'indice generale dei prezzi al consumo.
Giappone, inflazione in rallentamento ma resta sopra il target della banca centrale
La BoJ, che ha mantenuto per anni una linea ultra-accomodante, si trova ora davanti a un bivio: proseguire con tassi bassissimi per stimolare l’economia oppure avviare un lento e cauto processo di normalizzazione monetaria. Il governatore Kazuo Ueda ha finora insistito sul fatto che l’inflazione giapponese non è strutturale, ma frutto di spinte temporanee esterne, come il rincaro globale delle materie prime e la debolezza dello yen. Tuttavia, la pressione internazionale — soprattutto da parte degli Stati Uniti — si fa sentire. Washington guarda con preoccupazione all’impatto che una valuta giapponese debole ha sulle dinamiche commerciali globali.
I consumi interni non decollano
Nonostante l’inflazione sopra il target, i consumi delle famiglie giapponesi restano deboli. Il potere d’acquisto è stato eroso da mesi di rincari, e la crescita reale dei salari non tiene il passo con l’aumento del costo della vita. La propensione al risparmio resta alta, segno che l’incertezza economica pesa ancora sul comportamento dei nuclei familiari. Il governo guidato da Fumio Kishida ha annunciato nuovi incentivi per stimolare la domanda interna, ma la loro efficacia è tutta da verificare.
Mercato del lavoro e investimenti ancora fragili
Il tasso di disoccupazione giapponese rimane relativamente basso, intorno al 2,6%, ma l’occupazione è in gran parte precaria o part-time. Il settore industriale fatica a tornare ai livelli pre-pandemia, e le imprese rimandano investimenti strutturali per l’incertezza globale. La BoJ continua a sostenere i mercati obbligazionari tramite il controllo della curva dei rendimenti, ma molti investitori si chiedono quanto a lungo potrà durare questo approccio senza produrre effetti distorsivi.
La sfida del debito pubblico
Il Giappone resta il Paese con il più alto rapporto debito/PIL del mondo sviluppato, superiore al 250%. Finora il servizio del debito è stato sostenibile grazie ai tassi vicini allo zero, ma un’inversione della politica monetaria potrebbe far esplodere i costi. Per questo motivo la BoJ appare estremamente cauta nel prendere decisioni affrettate. Ogni movimento sui tassi viene calibrato in modo chirurgico, per evitare di destabilizzare i conti pubblici o provocare reazioni avverse nei mercati internazionali.
Scenari per il futuro: equilibrio fragile
Il Giappone si trova quindi in una posizione delicata. Da un lato deve affrontare le sfide demografiche e strutturali — invecchiamento della popolazione, produttività stagnante, crisi immobiliare latente — dall’altro non può più permettersi una crescita basata solo sull'espansione monetaria. La crescita del PIL, che per il 2025 è stimata attorno all’1,2%, rischia di non essere sufficiente a sostenere l’occupazione stabile e l’innovazione tecnologica.
Tokyo osservata speciale sui mercati globali
Gli investitori internazionali guardano con attenzione all’evoluzione della politica monetaria giapponese. Qualsiasi cambiamento nei tassi o nella gestione dello yen può avere ripercussioni globali, specie sui flussi di capitali e sul mercato delle valute. Il rallentamento dell’inflazione offre alla BoJ un minimo margine di manovra, ma l’equilibrio resta precario. Se l’inflazione dovesse rimbalzare nei prossimi mesi, la banca centrale potrebbe trovarsi costretta a scelte drastiche.