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L'asse Macron-Zelensky e il fantasma di Trump: l'Europa tra guerra e illusioni

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
L'asse Macron-Zelensky e il fantasma di Trump: l'Europa tra guerra e illusioni

Donald Trump è tornato alla Casa Bianca e il mondo intero trattiene il fiato. L’Europa, già indecisa sul suo futuro strategico, si trova ora a fare i conti con una nuova era di incertezza. Emmanuel Macron e Volodymyr Zelensky si sono incontrati a Parigi in un momento cruciale: il sostegno occidentale all’Ucraina è più fragile che mai e la politica isolazionista di Trump rischia di sconvolgere gli equilibri. L’asse franco-ucraino prova a resistere, ma la domanda è inevitabile: senza Washington, quanto può durare?

L'asse Macron-Zelensky e il fantasma di Trump: l'Europa tra guerra e illusioni

La storia recente ha dimostrato che gli equilibri globali possono cambiare rapidamente. L’elezione di Trump ha già portato scosse politiche nei corridoi di Bruxelles e tra i vertici delle cancellerie europee. La sua visione del mondo è chiara: meno coinvolgimento negli affari internazionali, più attenzione agli interessi interni e una ridefinizione dei rapporti con gli alleati storici. Se per l’Europa questo significa una sfida diretta sul piano della difesa e della sicurezza, per Zelensky la minaccia è esistenziale. Senza il sostegno degli Stati Uniti, il conflitto con la Russia potrebbe evolvere in direzioni imprevedibili.

Un patto di ferro, ma per quanto?
Macron si presenta come l’ultimo vero architetto di un’Europa strategica, un leader che vuole dettare la linea tra le incertezze di Berlino e le esitazioni di Bruxelles. Il presidente francese ha promesso un sostegno “concreto e deciso” a Zelensky, aprendo alla possibilità di fornire missili a lungo raggio e addirittura truppe in caso di necessità. Un linguaggio che sa di escalation più che di diplomazia, e che inquieta persino gli alleati più fedeli.

Zelensky, dal canto suo, non può permettersi esitazioni. Con un Congresso americano sempre più diviso e il rischio che un eventuale ridimensionamento degli aiuti statunitensi possa mettere a rischio la resistenza ucraina, il presidente cerca garanzie in Europa. La Francia risponde, ma la domanda è se davvero l’UE sia in grado di sostenere a lungo la sfida, senza il pilastro statunitense. Per ora, la risposta è un gioco di specchi tra dichiarazioni roboanti e realtà operative ben più complesse. I limiti logistici e finanziari degli Stati membri impongono una riflessione seria: l’Europa è pronta a sostituire Washington come principale sponsor militare e finanziario dell’Ucraina? I segnali sono contrastanti, con alcuni leader che cercano una strategia comune e altri che temono un’ulteriore destabilizzazione interna.

Trump, l’incognita che cambia tutto
Il ritorno di Trump alla Casa Bianca non è solo un’ombra, ma una variabile concreta nel calcolo strategico di ogni leader europeo. Con il tycoon di nuovo al comando, l’Ucraina rischia di trovarsi con meno aiuti e più pressioni per una pace negoziata, anche alle condizioni di Mosca. Non a caso, Macron e Zelensky parlano sempre più apertamente della necessità di un’Europa autonoma nella difesa, un mantra ripetuto ma mai davvero realizzato.

Il problema, tuttavia, è che senza Washington la capacità militare dell’UE resta limitata. La guerra in Ucraina ha dimostrato che gli eserciti europei non sono pronti a sostenere un conflitto su larga scala, né economicamente né strategicamente. Il sostegno a Kiev, per quanto risoluto, rischia di essere più un segnale politico che una reale svolta militare. L’apparato industriale militare europeo non è al livello di quello statunitense e dipende ancora in larga parte dalle forniture e dalle tecnologie americane. Se Trump decidesse di ridimensionare il supporto, anche a livello industriale, la capacità bellica dell’UE potrebbe trovarsi rapidamente in difficoltà.

Parallelamente, la politica di Trump rischia di cambiare il volto stesso della NATO. Se il presidente americano decidesse di ridimensionare l’impegno degli Stati Uniti nell’Alleanza Atlantica, gli equilibri interni all’Europa potrebbero diventare ancora più fragili. L’ipotesi di una difesa comune europea, per quanto evocata più volte negli ultimi anni, resta un’utopia più che una realtà concreta. Senza un’azione decisa, l’Europa rischia di trovarsi senza una guida strategica chiara proprio nel momento in cui ne avrebbe più bisogno.

Un equilibrio fragile
L’incontro di Parigi segna un punto fermo, ma non scioglie i nodi. L’asse Macron-Zelensky è una risposta all’incertezza americana, ma non basta a garantire il futuro dell’Ucraina. L’Europa, ancora una volta, si trova di fronte a un bivio: investire davvero in una difesa comune o restare nell’ambiguità di un sostegno che dipende troppo dagli umori di Washington. Macron e Zelensky hanno ribadito la loro volontà di resistere, ma la domanda è se potranno farlo da soli.

Il contesto globale sta cambiando rapidamente, e con esso anche gli equilibri politici ed economici. La guerra in Ucraina è solo un tassello di un quadro più ampio che vede il ritorno delle grandi potenze e la ridefinizione delle sfere di influenza. Mentre Macron cerca di rafforzare il ruolo della Francia come mediatore e garante della sicurezza europea, il resto del continente si muove tra esitazioni e paure.

Per ora, la guerra continua, e con essa le illusioni di un’Europa strategica che ancora fatica a trovare la sua strada. Se Trump deciderà davvero di chiudere i rubinetti del sostegno americano, l’Europa dovrà fare una scelta: prendere il controllo del proprio destino o accettare di essere una pedina in un gioco più grande.

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