L’alba del 19 giugno si è aperta con un nuovo drammatico episodio nel conflitto tra Iran e Israele. Missili iraniani sono riusciti a superare le difese antimissile dello Stato ebraico, colpendo diverse aree nel centro e sud del Paese. A Beer Sheva, uno dei razzi ha centrato un ospedale, mentre a Tel Aviv sono stati danneggiati diversi edifici civili. Le autorità israeliane parlano di un bilancio provvisorio con numerosi feriti, ma il numero esatto non è stato ancora confermato. L’azione rappresenta un’evoluzione preoccupante della capacità offensiva iraniana, che finora era stata in larga parte contenuta dai sistemi di difesa aerea israeliani, in particolare l’Iron Dome.
Missili iraniani colpiscono Israele, cresce la tensione globale
La risposta israeliana non si è fatta attendere. Nella notte tra martedì e mercoledì, caccia dell’aeronautica hanno condotto nuovi raid su obiettivi militari in territorio iraniano, colpendo anche nella periferia di Teheran. Secondo fonti locali, si sarebbe trattato di incursioni mirate, in risposta agli attacchi subiti nelle ore precedenti. Il governo israeliano ha ribadito che le azioni militari sono finalizzate unicamente alla difesa del proprio territorio e della popolazione civile. Di contro, l’Iran ha replicato sostenendo che la sua è una reazione legittima e proporzionata, dichiarando: "Agiamo solo per autodifesa".
La posizione della Russia e il ruolo di Putin
In questo contesto altamente instabile, il presidente russo Vladimir Putin ha fatto sapere che Teheran “non sta chiedendo” assistenza militare alla Russia. Una precisazione tesa a evitare l’ampliamento del conflitto su scala globale, in particolare nel delicato scacchiere mediorientale dove Mosca è già coinvolta su più fronti. Le dichiarazioni di Putin mirano anche a disinnescare le tensioni con l’Occidente, che guarda con apprensione al riavvicinamento tra Russia e Iran registrato negli ultimi mesi.
Trump valuta l'attacco a Fordow, ma lancia un ultimatum
Oltre alla guerra in corso, a preoccupare la diplomazia internazionale è anche la prospettiva di un attacco americano all’impianto nucleare iraniano di Fordow. Secondo indiscrezioni rilanciate dai media statunitensi, il presidente Donald Trump starebbe valutando l’ipotesi di una serie di bombardamenti mirati per distruggere il complesso sotterraneo, considerato uno dei nodi cruciali del programma nucleare iraniano. Tuttavia, lo stesso Trump avrebbe espresso l’intenzione di lasciare “una finestra di tempo” a Teheran per rinunciare volontariamente alla sua strategia atomica. “Non vogliamo la guerra, ma se non fermano il programma nucleare, agiremo”, avrebbe detto in privato a suoi collaboratori, secondo il New York Times.
L’ombra della crisi globale e le preoccupazioni dell’ONU
La tensione crescente ha già avuto ripercussioni immediate sul piano internazionale. Le Nazioni Unite hanno convocato una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza per discutere della situazione mediorientale. Il segretario generale António Guterres ha fatto appello alla moderazione e al dialogo, affermando che “ogni ulteriore escalation potrebbe generare un conflitto regionale su vasta scala”. Anche la diplomazia europea si sta muovendo per evitare un peggioramento: il capo della politica estera dell’UE, Josep Borrell, ha espresso “profonda preoccupazione” per l’attacco all’ospedale di Beer Sheva, che potrebbe configurare una violazione del diritto internazionale umanitario.
Israele sotto pressione e la questione interna
Intanto, in Israele, cresce la pressione politica sul governo. Le opposizioni chiedono chiarimenti sulle falle del sistema di difesa e sui tempi di reazione dell’esercito. Il premier Netanyahu, che ha convocato una riunione straordinaria del gabinetto di sicurezza, ha promesso un’indagine approfondita ma ha anche avvertito: “Non ci lasceremo intimidire da chi vuole distruggere il nostro Paese. Risponderemo con forza e intelligenza”. Nella popolazione israeliana si mescolano paura e rabbia. La vulnerabilità dimostrata dalle ultime ore ha riaperto il dibattito sull’efficacia della strategia difensiva e sull’eventuale necessità di un cambio di rotta.
Il futuro incerto e il rischio escalation
Le prossime ore saranno cruciali per comprendere se lo scontro tra Israele e Iran resterà contenuto nei confini attuali o se si allargherà, coinvolgendo nuove aree e attori. Il messaggio di Trump potrebbe rappresentare una via d’uscita, ma resta da capire se Teheran è disposta a rivedere il proprio programma nucleare sotto la minaccia di un intervento militare. Quel che è certo è che lo scenario mediorientale si trova sull’orlo di una nuova crisi, mentre il mondo osserva con crescente inquietudine.