Un’offerta inaspettata scuote il delicato equilibrio della guerra in Ucraina: secondo il “Financial Times”, Vladimir Putin avrebbe proposto a Washington di congelare l’attuale linea del fronte, aprendo così a una tregua de facto. Il leader del Cremlino, che finora aveva mostrato rigidezza sulle rivendicazioni territoriali, sarebbe pronto a rinunciare al pieno controllo delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, in cambio del riconoscimento internazionale della sovranità russa sulla Crimea. Una condizione che non rappresenta una novità assoluta, ma che per la prima volta arriva accompagnata da una reale disponibilità al negoziato.
Putin apre al congelamento del fronte: prove di tregua per salvare la Crimea
Le informazioni trapelate dal quotidiano britannico coincidono con i movimenti diplomatici di queste ore. A Londra si apre oggi un nuovo round di consultazioni tra le delegazioni di Kiev, Washington e dei cosiddetti “paesi volenterosi”, quelli cioè maggiormente impegnati nella mediazione del conflitto. Tra i nomi più attesi c’è quello di Abram Witkoff, l’inviato speciale del presidente americano, che subito dopo l’incontro volerà a Mosca per illustrare la posizione statunitense. I segnali parlano di un tentativo coordinato per sbloccare almeno temporaneamente il conflitto, senza però definire una pace vera e propria.
La risposta dell’Ucraina: spiragli o resistenze?
Sul fronte ucraino l’apertura del Cremlino è accolta con cautela. Il presidente Volodymyr Zelensky, pur ribadendo l’obiettivo di liberare l’intero territorio nazionale, si è detto disposto a valutare “colloqui diretti” con Mosca in caso di cessate il fuoco. Si tratterebbe del primo confronto diretto in mesi, dopo una lunga fase di scontro diplomatico e militare. Tuttavia, Kiev continua a considerare la Crimea come parte integrante del proprio territorio, e qualsiasi proposta che ne preveda la cessione definitiva potrebbe risultare inaccettabile, almeno per l'opinione pubblica ucraina e per parte della sua leadership.
Una tregua senza fretta: la strategia del Cremlino
L’atteggiamento russo appare improntato a un realismo tattico. “Siamo disponibili a trattare, ma senza fretta”, hanno dichiarato fonti del Cremlino citate da media russi. Dietro questa apparente apertura si cela una strategia di consolidamento delle attuali posizioni, con l’obiettivo di ottenere una pausa militare utile al rafforzamento interno e alla stabilizzazione del potere. La Russia sa che una guerra di logoramento non le conviene sul lungo periodo, e potrebbe trarre vantaggio da un congelamento che trasformi l’attuale status quo in un fatto compiuto.
La posta in gioco per Washington e l’Europa
Per gli Stati Uniti, l’offerta russa rappresenta un banco di prova complesso. Da un lato, un eventuale congelamento del conflitto allenterebbe la pressione militare sul continente europeo e consentirebbe al presidente Biden di spostare risorse verso il teatro mediorientale e l’Indo-Pacifico. Dall’altro, cedere sulla Crimea significherebbe accettare, seppur implicitamente, l’idea di una guerra vinta almeno in parte dalla Russia, un precedente pericoloso per la sicurezza globale. L’Unione Europea osserva con attenzione: Germania e Francia sembrano più inclini a una mediazione, mentre i Paesi dell’Est esprimono forte preoccupazione per un possibile riconoscimento dell’annessione del 2014.
Un equilibrio fragile tra diplomazia e realtà sul campo
L’offerta di Putin arriva in un momento di apparente stallo militare, ma anche di crescente stanchezza internazionale. Il congelamento del fronte potrebbe rappresentare un primo passo per la riduzione delle ostilità, ma rischia anche di cristallizzare un conflitto senza vincitori, con territori contesi e popolazioni divise. Le prossime settimane diranno se la diplomazia potrà tornare a sostituire le armi, o se la proposta russa rimarrà soltanto un calcolo geopolitico senza vera prospettiva di pace.