USA smacco per Trump: ritratta il testimone che aveva denunciato brogli in Pennsylvania

 
Era stato presentato come un eroe - forse il primo di una lunga serie - che, per primo, aveva coraggiosamente squarciato il velo di connivenze e corruzioni che avevano consentito a Joe Biden di aggiudicarsi, in termini di grandi elettori (venti), la Pennsylvania. L'uomo si chiama Richard Hopkins, impiegato postale, e, a detta dei sostenitori di Trump, ha avuto il coraggio di uscire dall'ombra e, vincendo la paura di ritorsioni, di denunciare le manovre dei suoi superiori per taroccare il voto per corrispondenza, dimostratosi quasi tutto a favore del concorrente democratico.
Ma, al primo interrogatorio, cui l'hanno sottoposto gli investigatori dell'ufficio dell'ispettore generale del servizio postale federale (e quando si legge ''federale'' in una qualsiasi inchiesta americana si deve mettere in conto che non è materia su cui scherzare), è crollato, ammettendo di essersi inventato tutto.

Non una indiscrezione, non una voce raccolta nei corridoio, la notizia della ''confessione'', ma una comunicazione ufficiale di una commissione del Congresso, riportata dal Washington Post.
Uno smacco per il team di avvocati mobilitato da Trump per inficiare il risultato del voto in quanti più possibili Stati e, quindi, consolidare la sua tesi di una sconfitta dovuta a brogli e non ad altro. E dire che su Hopkins si era puntato anche perché le ''verità'' che lui aveva rivelato erano perfettamente in linea con quanto asserito dai repubblicani. L'impiegato aveva infatti detto che un responsabile postale di Erie, in Pennsylvania, dove lui lavora, aveva ''ordinato'' ai dipendenti di retrodatare le buste contenenti schede inviate dopo la scadenza del 3 novembre. La retrodatazione avrebbe consentito di conteggiare comunque i voti, pur essendo le schede spedite per corrispondenza giunte oltre il termine ultimo.

Per i repubblicani le sue parole sono state nettare, come una prova - la prima - di irregolarità elettorali che sarebbero state commesse su scala nazionale. Da qui la ''santificazione'' di Richard Hopkins quale espressione di coraggio civico. Poi, la smentita, resa nota dal comitato di supervisione del governo della Camera dei rappresentanti e confermata al Washington Post da tre funzionari che lavorano al delicatissimo dossier.

Il manager delle Poste aveva respinto (usando Facebook) le gravissime accuse mosse contro di lui dal suo sottoposto (e che se fossero risultate vere gli sarebbero costate una pesantissima condanna intrecciandosi nella sua vicenda reati federali - quali la manipolazione di schede con la retrodatazione - ad altri oggettivamente meno gravi, come le minacce). Le prime indagini avrebbero accertato che Hopkins nutriva rancore per i suoi superiori a causa di alcune punizioni sui sarebbe stato sottoposto a causa dei comportamenti da lui tenuti sul lavoro.
La retromarcia di Hopkins (che non si sa se, per la sua ritrattazione, abbia goduto dell'impunità) smonta la prima delle cause per le recenti vicende elettorali annunciate da Trump, presentata in un tribunale della Pennsylvania per bloccare la certificazione dei risultati delle elezioni per lo Stato.

Il direttore delle comunicazioni della campagna di Trump, Tim Murtaugh, intervistato da Bloomberg, ha cercato di minimizzare i nuovi sviluppi, dicendo che l'affidavit era molto dettagliato .
Intanto è partita una campagna sui social che aggiunge incertezza a questa storia. Come il video di una persona che si presenta come Richard Hopkins e che nega di avere ritrattato e che è stato veicolato da una organizzazione conservatrice, Project veritas, che ha dipinto uno scenario di violenza e minacce cui l'impiegato sarebbe stato sottoposto. Ad aumentare i dubbi su questa storia c'è un altra cosa: secondo il Washington Post , una pagina dedicata ad Hopkins sulla piattaforma di raccolta fondi virtuale GoFundme, martedì mattina ha raccolto in poche ore più di 130.000 dollari. Pagina però ora inaccessibile.

Intanto a strategia di Trump di rendere una palude il cammino di Biden verso la Casa Bianca si arricchisce di nuovi capitoli. Mentre, lunedì, il procuratore generale degli Stati Uniti Bill Barr, fedelissimo del presidente, ha autorizzato i pubblici ministeri federali ad aprire, prima della certificazione statale dei risultati, indagini su accuse chiare e apparenti di irregolarità, ieri è stato annunciato il deposito di un'ingiunzione per impedire al Michigan, Stato attribuito a Joe Biden, di certificarne i risultati. Iniziativa che segue quelle già avviate anche in Georgia e Nevada.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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