Dall’orlo del fallimento a protagonista dell’alta finanza: l’Ops su Mediobanca è solo l’inizio di un piano ambizioso per ridefinire il sistema bancario italiano. Il nodo della politica: appoggio o supervisione mascherata?
(Nella foto Avv. Nicola Maione, presidente di Montepaschi)
________________________________________
Un passato turbolento, un presente audace
Monte dei Paschi di Siena (Mps), la banca più antica del mondo, ha attraversato una delle crisi più profonde della storia bancaria italiana. Dopo l’acquisizione disastrosa di Antonveneta nel 2007 per 9,9 miliardi di euro, la banca ha affrontato una serie di aumenti di capitale, vendite di obbligazioni e un salvataggio statale da 8,2 miliardi di euro nel 2017, che ha portato lo Stato italiano a detenere il 68% del capitale. Negli anni successivi, Mps ha lavorato per ridurre i crediti deteriorati, ristrutturare le operazioni e ricostruire il capitale. A novembre 2024 azionisti significativi come Francesco Gaetano Caltagirone e gli eredi di Leonardo Del Vecchio sono entrati nel capitale, mentre la quota statale è scesa al 15%.
L’Ops su Mediobanca: un segnale di ambizione
Nel gennaio 2025 Mps ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) ostile da 12 miliardi di euro per Mediobanca, segnando una svolta significativa nella sua strategia. L’amministratore delegato Luigi Lovaglio ha dichiarato: “Con questa operazione di natura industriale, vogliamo segnare un nuovo approccio nel percorso verso il consolidamento del settore bancario che, in modo innovativo, crea immediatamente valore per tutti gli stakeholder di Mps e Mediobanca, e credo anche per l’intero Paese”.
L’Ops mira a combinare la rete commerciale di Mps con le competenze di Mediobanca nel wealth management e nell’investment banking, creando un gruppo bancario diversificato e competitivo. La proposta prevede un premio del 5% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni di Mediobanca, offrendo 23 azioni Mps per ogni 10 azioni Mediobanca.
Il sostegno degli azionisti e le sfide da affrontare
L’assemblea straordinaria degli azionisti di Mps ha approvato l’aumento di capitale con l’86,7% dei voti favorevoli, con una partecipazione del 73,6% del capitale sociale. Tra i sostenitori dell’operazione figurano Banco Bpm (5%), Anima Holding (4%), le fondazioni bancarie (1,5%) e investitori istituzionali come Pimco (1,5%) e Norges Bank (2,6%) .
Tuttavia, l’operazione non è priva di ostacoli. Mediobanca ha espresso riserve sull’offerta, sostenendo che potrebbe danneggiare il valore per gli azionisti. Il CEO di Mediobanca, Alberto Nagel, ha affermato che “le criticità dell’offerta di Mps sono ancora più evidenti nell’attuale scenario macroeconomico in peggioramento”.
Un piano più ampio: il terzo polo bancario italiano
L’Ops su Mediobanca potrebbe essere solo il primo passo di un piano più ambizioso per creare un terzo polo bancario italiano, in grado di competere con Intesa Sanpaolo e UniCredit. L’inclusione di Banco Bpm in questa alleanza potrebbe rafforzare ulteriormente la presenza del nuovo gruppo nel Nord Italia, dove Banco Bpm ha una solida base di clientela retail e una rete capillare di filiali .
Il governo italiano ha dato il via libera incondizionato all’operazione, concludendo l’esame nell’ambito dei “poteri speciali” che consentono l’intervento in settori strategici come quello bancario.
Il nodo della politica: appoggio o supervisione mascherata?
Dietro il via libera “incondizionato” del governo Meloni all’Ops di Montepaschi su Mediobanca, si muove una regia più profonda. L’esecutivo non solo ha evitato di frapporre ostacoli tramite il golden power, ma da mesi tesse le fila per favorire la nascita di un terzo polo bancario nazionale. È un progetto strategico, che risponde a due obiettivi politici: ridurre la dipendenza da attori stranieri (come UniCredit, sempre più internazionale) e tenere saldo un asse finanziario tricolore, magari più “dialogante” con Palazzo Chigi.
Ma a ben vedere, il sostegno non è neutro. Il Mef è ancora il primo azionista di Mps, e la partita che si apre con Mediobanca — dove siedono Delfin e Caltagirone — ha anche un risvolto di potere. Il timore è che la regia pubblica non si limiti a “favorire” l’operazione, ma ambisca a condizionare il profilo e le scelte del nuovo soggetto bancario. Sarà davvero un polo indipendente, orientato al mercato, o un gruppo semi-governativo, di fatto “controllato” da una regia politico-finanziaria a Roma? La partita è appena cominciata. E, come sempre in Italia, anche le banche hanno un’anima politica.
Un futuro da protagonista
Monte dei Paschi di Siena, una volta simbolo della crisi bancaria italiana, si sta trasformando in un attore proattivo nel consolidamento del settore. Con l’Ops su Mediobanca e il possibile coinvolgimento di Banco Bpm, Mps mira a creare un gruppo bancario nazionale forte e competitivo, capace di ridefinire gli equilibri del sistema finanziario italiano. Il successo di questa strategia dipenderà dalla capacità di superare le resistenze, integrare culture aziendali diverse e realizzare le sinergie previste.