Le principali aziende energetiche europee stanno rallentando il passo verso le energie rinnovabili, spostando risorse su petrolio e gas.
Nel 2024, infatti, il focus si è spostato sui guadagni immediati, riducendo drasticamente gli impegni per il clima. Questo cambio di rotta avviene in un contesto globale in cui i governi hanno ritardato l'attuazione di politiche per l'energia pulita, spinti da crisi economiche ed energetiche accentuate dall'invasione russa dell'Ucraina nel 2022.
Aziende come BP e Shell, che avevano promesso investimenti ambiziosi in progetti di energia eolica e solare, hanno invece riconsiderato le loro priorità, favorendo progetti più redditizi legati ai combustibili fossili. BP, ad esempio, ha annunciato la vendita di quasi tutti i suoi progetti eolici offshore in una joint venture con il produttore di energia giapponese JERA, segnando una significativa inversione di tendenza rispetto agli obiettivi dichiarati all'inizio del decennio. Shell, che un tempo aspirava a diventare il leader mondiale nella produzione di elettricità, ha ridotto gli investimenti in nuovi progetti eolici offshore ed è uscita dal mercato energetico in Europa e Cina.
Equinor, controllata dal governo norvegese, ha tagliato del 30% il budget destinato ai progetti di energia rinnovabile rispetto al 2022, citando difficoltà legate all'inflazione e colli di bottiglia nella catena di fornitura. Nel 2024 la spesa complessiva delle principali aziende europee in energie pulite è calata dell'8%, un dato che contrasta nettamente con le promesse di una transizione energetica rapida.
Pressioni degli investitori e geopolitica
Gli investitori sembrano premiare le compagnie che si concentrano su petrolio e gas, come dimostrano le migliori performance in borsa di Exxon e Chevron rispetto ai concorrenti europei. "L'instabilità geopolitica e gli alti prezzi del petrolio hanno modificato le aspettative, spingendo i dirigenti a rivedere le loro priorità", ha dichiarato Rohan Bowater, analista di Accela Research.
Nel frattempo, le aziende sottolineano di non aver abbandonato completamente gli obiettivi climatici. Shell, ad esempio, afferma di rimanere impegnata a diventare carbon neutral entro il 2050, nonostante un rallentamento negli investimenti in energie rinnovabili.
Sfide globali per il clima
Questi cambiamenti rappresentano un duro colpo per gli sforzi globali contro il cambiamento climatico. Le emissioni di carbonio hanno raggiunto nuovi record nel 2024, e l'anno si è confermato il più caldo mai registrato. Il 2025 potrebbe aggravare ulteriormente la crisi climatica, complicata dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. La sua amministrazione si prepara a smantellare le politiche verdi del suo predecessore, mettendo a rischio il fragile equilibrio raggiunto negli accordi internazionali.
La Cina, nel frattempo, cerca di stimolare la sua economia, aumentando la domanda di petrolio, mentre in Europa l'incertezza politica frena azioni climatiche decisive. A novembre, durante la conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Baku, gli obiettivi di una transizione energetica globale sono stati messi in discussione, con pochi progressi significativi.
Una scommessa rischiosa
Nonostante il ritorno ai combustibili fossili, le prospettive per il settore petrolifero non sono prive di rischi. La crescita della domanda in Cina è in rallentamento, mentre i principali produttori di petrolio continuano a mantenere i tagli alla produzione. Gli analisti prevedono un aumento del debito netto delle cinque maggiori compagnie petrolifere occidentali, che dovrebbe passare da 92 miliardi di dollari nel 2022 a 148 miliardi nel 2024.
In questo contesto di incertezza e tensioni geopolitiche, il futuro dell'energia sembra sempre più orientato verso un difficile compromesso tra realtà economiche e necessità climatiche.