Blue Deal, Interreg Coastenergy Italia-Croazia, intervista a Bruno Santori, direttore del porto turistico di Marina di Pescara

- di: Barbara Bizzarri
 
Trarre energia dal mare per ottimizzare le risorse interne e rendersi indipendenti dall’estero, in particolare per le aziende più energivore: questo è lo scopo del Blue Deal che, tramite progetti finanziati dalla UE, denominati Mediterranean Interreg e rivolti ai Paesi interessati - Grecia, Italia, Spagna, Croazia, Cipro, Albania -, mira a fornire strumenti per implementare la pesca e un nuovo tipo di agricoltura, favorire il turismo e utilizzare le risorse marine in una prospettiva di sostenibilità ambientale. Fra gli Interreg, un progetto congiunto tra Italia e Croazia ha come fulcro il Porto di Marina di Pescara, uno dei porti turistici più grandi d'Italia e la location progettata per il progetto dell’Interreg Coastenergy, che riguarda l’implementazione di due soluzioni: convertitori di energia del moto ondoso e impianti per la climatizzazione degli edifici.

Intervista a Bruno Santori, direttore del porto turistico di Marina di Pescara

La proposta è in fase di valutazione e, come suggerito dalla Regione, uno scenario simile è stato ipotizzato anche per la Marina di Vasto in un secondo progetto pilota: “Coastenergy è un progetto che riguarda specificatamente le due sponde dell’Adriatico nell’ambito del quale  sono stati sviluppati e approfonditi impianti di energia elettrica dal moto ondoso - spiega Bruno Santori, Direttore del Porto Turistico di  Marina di Pescara - abbiamo approfondito varie esperienze alternative di progettazione, con l’obiettivo comune di produrre energia elettrica dal moto ondoso, lavorando su alcune proposte progettuali che poi sono state oggetto di valutazione da parte di tutti i partners. C’è stato un contest che ha permesso a questi progetti di nicchia di emergere e di essere diffusi all’interno del network che si è creato in ambito di blue deal. Abbiamo espresso una preferenza di massima per un progetto che prevede l’installazione di un impianto posto nella parte esterna della diga di protezione del porto, in netto contatto con il mare aperto che, con pistoni interni che sfruttano il moto ondoso, riesce a ottenere fino a 800 kw al giorno, una produzione che può essere utile per una struttura che ha assorbimento di energia sia di giorno che di notte, laddove le attuali tecnologie, tipo il fotovoltaico, hanno dei limiti perché inutilizzabile nelle ore di buio, mentre il moto ondoso è praticamente inesauribile”.

Come si sfrutta il moto ondoso a livello tecnico?

“Il problema dal punto di vista tecnico è quello di trasformare il movimento delle onde e trasferirlo ad organi meccanici che siano in grado di alimentare una dinamo che produca energia elettrica. Il moto ondoso può avere dei problemi dal punto di vista della resistenza, della non omogeneità del movimento: mentre un mulino o una centrale idroelettrica sfruttano un flusso catalizzato, le onde per definizione non sono canalizzate né costanti né regolari, quindi la sfida dal punto di vista tecnologico è quella di sfruttare al massimo questa energia individuando delle soluzioni tecniche e meccaniche che utilizzino e massimizzino tutta la potenza espressa dal moto ondoso. Esistono varie soluzioni disponibili: cassoni galleggianti che con il loro oscillare in alto e in basso trasferiscono questo loro movimento a dei pistoni che a loro volta alimentano i generatori, oppure altri apparati posti sotto il pelo dell’acqua che sfruttano allo stesso modo i movimenti generati dal moto ondoso. Insomma, ci sono varie soluzioni tecniche che hanno tutte lo stesso target, quello di creare un meccanismo che sfrutti con la minima dispersione possibile il moto ondoso e sia in grado di trasferirlo al massimo ad organi fissi che hanno il compito di trasformare questa energia cinetica in energia elettrica”.

Quali sono gli obiettivi di Costaenergy?

Saremmo davvero felici se riuscissimo a individuare partner privati, quindi aziende specializzate nel settore energetico o nel settore della meccanica, della carpenteria metallica, che siano in grado di tradurre questi progetti pilota in apparati operativi. Abbiamo avuto contatti con una importante azienda metalmeccanica della zona che è un’eccellenza nel proprio settore perché realizza condotte, reattori, attrezzature per centrali energetiche a livello mondiale. Si tratta di interlocuzioni sempre nell’ambito delle attività del progetto: adesso, la sfida è uscire dal contesto protetto di un Interreg, che è fatto sostanzialmente di incontri, di prospetti, di confronti, di scambio di esperienze, e di tradurre questa progettualità in opere concrete. Questo sarebbe il nostro obiettivo, che a medio termine è quello di trovare maniera definitiva il nostro livello di impatto ambientale. Avvertiamo la responsabilità di essere un’azienda di frontiera, perché rappresentiamo la connessione tra un ambiente urbano e il mare, quindi abbiamo il dovere di rendere il nostro impatto sull’ambiente marino meno pesante possibile. Qualche anno fa, ci siamo dotati di un dissalatore per evitare che i nostri utenti lavassero le proprie barche con acqua potabile: dal punto di vista dell’acqua di lavaggio siamo autonomi e non andiamo a incidere sul consumo di acqua potabile, che è una risorsa preziosissima. Lo abbiamo considerato un dovere dal punto di vista della coscienza ambientale e anche dal punto di vista dell’impatto economico. Se torniamo indietro di qualche anno, prima delle vicende che ci hanno travolto, la pandemia, la guerra, le emergenze dal punto di vista ambientale, oltre al riscaldamento globale, erano la siccità, l’impoverimento delle falde e l’inquinamento dell’ambiente marino con le plastiche: temi che abbiamo già affrontato a suo tempo”.

Quali sono le problematiche che si propone di risolvere il Blue Deal?

“L’Interreg mediterraneo ha avuto tra i vari output finali un commitment paper sottoscritto dalle varie organizzazioni che hanno preso parte, a diverso titolo, all’interno di queste iniziative. Un impegno che va a rispettare e a utilizzare tutto il bagaglio di esperienza e di attenzione nei confronti dell’ambiente che nasce attraverso lo sviluppo di questo progetto: stiamo parlando di università, agenzie di settore, organizzazioni di supporto alle imprese. La novità della nuova programmazione prevede la partecipazione diretta delle imprese, che prima ne erano escluse, i gruppi di interesse, autorità pubbliche e anche organizzazioni non governative. Stiamo parlando di un ventaglio di stakeholders amplissimo, che copre a 360 gradi lo spettro di tutti i soggetti che in qualche modo operano in settori che hanno a che fare con il mare e con il rispetto dell’ambiente. In particolare, abbiamo firmato un impegno che fa riferimento al progetto europeo, il Blue Energy Deployment Alliance, sostenuto anche dal Fondo di Sviluppo Europeo per le regioni. È una sorta di carta costituzionale che impegna tutti i soggetti coinvolti a prendere coscienza del fatto che le energie rinnovabili di origine marina sono una fonte di energia pulita e possono rappresentare una carta molto importante da giocare per il futuro del Mediterraneo, perché possono trovare un ruolo fondamentale nel conseguimento degli obiettivi di transizione energetica, generando crescita economica ed occupazionale. Naturalmente, tutti i soggetti che si affacciano sul bacino del Mediterraneo dovranno tenere conto nel loro framework legislativo e regolamentare di queste evoluzioni, stabilire regole e dare la possibilità a chi si vuole muovere in questi settori di poterlo fare: non è scontato, perché in molti casi mancano norme specifiche. Infine, si deve arrivare a un alto livello di coinvolgimento di tutti gli stakeholders e delle organizzazioni che operano sull’ambiente, il turismo, la filiera della pesca e della navigazione commerciale, le comunità locali: ognuno deve svolgere un ruolo attivo per fare sì che questa potenzialità in futuro possa diventare una risorsa per tutti. Oltre a questa presa di coscienza, è basilare considerarsi impegnati a condizionare tutte le future scelte in ambito energetico ambientale sulla base di queste conoscenze. Le imprese lo fanno perché hanno interesse, oltre a una crescente sensibilità di carattere ambientale. Stesso discorso per tutti quegli organismi istituzionali che non avendo il profitto come proprio obiettivo principale, dovrebbe prendere coscienza di queste problematiche e orientare sempre di più le proprie scelte in questa direzione e di conseguenza portare tutti gli strumenti e tutti i risultati ottenuti dall’esperienza di blue deal per far sì che possano essere integrati in tutte le pianificazioni strategiche nel campo dell’energia per il futuro”.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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