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Rallenta la produzione industriale, riviste al ribasso le stime di crescita. Confesercenti: "Siamo in fase pre-recessiva"

 
Rallenta la produzione industriale, riviste al ribasso le stime di crescita. Confesercenti: 'Siamo in fase pre-recessiva'

I dati Istat relativi alla produzione industriale di luglio evidenziano un rallentamento dell'attività economica. Questi risultati presi singolarmente non destano eccessive preoccupazioni (occupazione e produzione industriale frenano dopo mesi favorevoli) ma secondo l'Ufficio Studi Confcommercio, se letti tenendo conto del quadro complessivo e dei tagli delle previsioni di crescita da parte della Commissione Ue (nel 2023, il Prodotto Interno Lordo italiano si ferma allo 0,9%) si tratta di segnali preoccupanti.

Rallenta la produzione industriale, riviste al ribasso le stime di crescita   

La nota specifica: "In particolare la domanda delle famiglie sembra aver esaurito la spinta al recupero, soprattutto per la componente relativa ai beni, come testimoniano proprio alcune criticità nel dato odierno della produzione industriale. La fiducia delle famiglie, che già mostra segnali di indebolimento, rischia di essere ulteriormente minata dalle tensioni che si sono generate in alcuni mercati delle materie prime energetiche.L’insieme di questi elementi potrebbe prolungare la fase di stagnazione, mettendo a serio rischio il raggiungimento dell’obiettivo di crescita dell’1,0% nel 2023".

Confesercenti fa eco a questo commento con un comunicato:
"L’economia italiana è entrata in una fase ‘pre-recessiva’. Il crollo dei prestiti alle imprese segnalato dal bollettino di settembre di Banca d’Italia, la revisione al ribasso delle stime di crescita da parte della Ue e le stesse stime di Istat sul Pil confermano l’arrivo di un autunno più difficile del previsto. L’economia italiana ha subito una battuta d’arresto, in un contesto di incertezza e rallentamento dell’economia internazionale in cui inflazione alta e politica monetaria restrittiva continuano a pesare e a condizionare negativamente famiglie ed imprese.In particolare, la contrazione del Pil nel secondo trimestre è andata al di là delle attese, e si accompagna a un accumulo di scorte che rende improbabile un recupero nella seconda parte dell’anno. L’obiettivo programmatico del DEF di una crescita del PIL del +1% per l’anno in corso appare ormai del tutto fuori portata. A pesare, il rallentamento dei consumi: la spesa delle famiglie residenti sul territorio economico è infatti scesa nel secondo trimestre dello 0,2% rispetto ai livelli raggiunti nei primi tre mesi dell’anno. Solo il forte afflusso di turisti stranieri ha consentito di preservare i livelli di spesa: la quota dei consumi dei non residenti sulla spesa complessiva effettuata in Italia è infatti salita al 4,1%, dal 3,8% del primo trimestre, recuperando in tal modo i valori pre-pandemici. I consumi delle famiglie italiane, invece, sono ancora inferiori di mezzo punto rispetto ai livelli del 2019.
D’altra parte, le scelte di consumo delle famiglie italiane sono fortemente penalizzate dall’erosione del potere d’acquisto provocato dall’inflazione. Nel secondo trimestre l’aumento del deflatore dei consumi è rimasto molto elevato, con un incremento tendenziale del +7,2%. Il valore reale delle retribuzioni unitarie è così diminuito nel trimestre del 4% e del 4,3% nell’arco dei primi sei mesi dell’anno. La lentezza che caratterizza il processo di rientro dell’inflazione e la preoccupante flessione dell’occupazione registrata lo scorso giugno non lasciano intravedere alcun recupero delle retribuzioni reali nella restante parte dell’anno".

"In queste condizioni" - conclude la nota - "evidentemente molto più difficili di quelle immaginate lo scorso aprile in sede di stesura del DEF, le misure di difesa del potere d’acquisto di famiglie e lavoratori acquisiscono un ruolo fondamentale. Come più volte sollecitato da Confesercenti, è auspicabile un intervento a largo spettro a favore dei consumi, a partire dalla detassazione delle tredicesime e degli aumenti retributivi concordati dalle parti sociali per il recupero dell’inflazione. Il rischio di un’ulteriore erosione di potere d’acquisto determinato dal drenaggio fiscale non può essere sottovalutato se si vuole riportare l’economia italiana su un sentiero di crescita".
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