Roma, sangue in via Prenestina: la notte in cui tutto sembrò un film di De Cataldo
- di: Sveva Faedda

Nella capitale che si fa nera come un noir, due cittadini cinesi cadono sotto i colpi di una pistola. Agguato in moto, un lampo nel buio, poi il silenzio. Roma si scopre teatro di una scena che sembra uscita da "Romanzo Criminale". Ma è tutto vero.
La città che nasconde il male sotto la pelle
Roma di notte ha un respiro diverso. I neon dei bar illuminano l’asfalto bagnato, le saracinesche abbassate parlano la lingua della resa e delle attese. Via Prenestina non è il cuore del centro storico, ma è una di quelle arterie dove la città pulsa forte, sporca, vera. È lì che due corpi cadono a terra poco dopo le 23: un uomo e una donna, colpiti a morte da sicari arrivati in moto, come nelle scene più crude di un poliziesco. Nessun avvertimento, nessun urlo, solo spari. Sei, sette. Poi l’eco dei passi che fuggono, e l’odore acre della polvere da sparo nell’aria.
Un’esecuzione chirurgica, fredda, studiata
I carabinieri trovano le vittime sotto casa, stese a terra, in una pozza che racconta già tutto. Le pallottole hanno colpito al petto, al volto. Non c'è stato il tempo per una parola o una reazione. L’agguato è rapido, preciso, metodico. La moto – un mezzo piccolo, agile, perfetto per fuggire nel traffico – si dilegua senza lasciare tracce. I volti dei killer, secondo i primi testimoni, erano in parte coperti, ma non completamente. Un dettaglio che fa pensare a un messaggio lanciato, forse a una vendetta interna. Forse un avvertimento per altri.
Roma come Shanghai, ma con il Colosseo sullo sfondo
Le vittime erano cinesi, pare conviventi, vivevano nel palazzo davanti al quale sono stati ammazzati. Poco si sa ancora di loro: chi erano davvero, che lavoro facevano, se erano in regola o se avevano contatti con mondi paralleli, quelli dove il denaro gira sottobanco, dove le mani si stringono nei retrobottega. Non è la prima volta che nella capitale si aprono finestre su mondi nascosti: una comunità intera che parla una lingua diversa, che si muove nell’invisibilità, e dove le regole – spesso – non sono quelle dello Stato.
La legge del silenzio e la paura che torna
Nel quartiere nessuno dice nulla. C’è chi ha sentito, chi ha visto, chi ha intuito. Ma le bocche restano chiuse. È una legge non scritta, antica come le borgate: parlare è pericoloso. “Qui si lavora, si torna a casa, si abbassa la testa”, dice un commerciante all’angolo. Ma dietro la paura c’è anche rabbia. “Roma non è più sicura. Ti sparano davanti al portone”. Frasi che si ripetono come mantra nei bar, nei saloni cinesi ancora aperti a notte fonda, tra chi continua a lavorare come se nulla fosse, ma tiene lo sguardo basso.
Un’indagine tra le ombre
La Procura indaga per omicidio plurimo aggravato. Il nucleo investigativo dei carabinieri ha acquisito le immagini delle telecamere, controlla il traffico telefonico, interroga i vicini. Ma non sarà facile. Roma è piena di angoli morti, di strade dove le telecamere non arrivano, di telefoni intestati a prestanome. Per chi conosce la mappa sotterranea della città, scomparire è ancora possibile. La pista del racket, dei prestiti, delle faide interne non è esclusa. Ma ci vorrà tempo per entrare dentro quella rete.
Roma noir, Roma vera
Questa è la città che scrittori come Giancarlo De Cataldo hanno raccontato con spietata lucidità: un luogo dove legalità e crimine si sfiorano, dove la bellezza antica convive con la ferocia moderna. Dove il sangue si mescola all’asfalto senza lasciare traccia, ma con un rumore sordo, che chi ha vissuto certe notti non dimentica. Roma non è solo cronaca: è romanzo criminale, è noir, è una città dove la realtà supera sempre la sceneggiatura. Anche stanotte, sotto un lampione fioco, con due corpi a terra e una moto che sparisce nel nulla.