A Santa Maria Maggiore il primo presepe della storia. Papa Francesco vuole essere sepolto lì, dove la Natività è scolpita nel marmo
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Non è solo un’opera d’arte. Non è solo la testimonianza di un passaggio storico, né la nascita di una tradizione. Il presepe scolpito da Arnolfo di Cambio nel 1291, oggi conservato nella Basilica di Santa Maria Maggiore, è qualcosa di più. È la pietra che si fa carne, l’immagine scolpita dell’incarnazione, la fede che non si accontenta di restare nei cieli ma chiede materia, scultura, gesto concreto. In quel marmo bianco commissionato da Papa Niccolò IV, primo francescano sul soglio di Pietro, si legge la volontà di dare ai fedeli una visione stabile, quotidiana, della Natività. E non è un caso che proprio lì, accanto a quel presepe, Papa Francesco abbia dichiarato di voler essere sepolto.
A Santa Maria Maggiore il primo presepe della storia
Francesco d’Assisi aveva già mostrato al mondo la radicalità della Natività con il suo presepe vivente a Greccio. Ma Arnolfo di Cambio ne fece una forma nuova, scolpita, capace di sopravvivere al tempo. Ecco allora la forza di quella commissione papale: il presepe non come ricordo occasionale, ma come parte viva dell’architettura sacra. Un’opera che non fu solo liturgica ma anche politica. In un’epoca in cui la Chiesa cercava di rinsaldare la sua presenza spirituale in un mondo agitato, il presepe in marmo diventava una dichiarazione permanente di fede incarnata, contro ogni astrazione teologica.
La lunga notte e la luce del restauro
Per secoli quel gruppo scultoreo fu dimenticato, murato nella cripta, spostato, occultato. Fino a quando, nel 2005, tornò alla luce. Restaurato e oggi visibile, racconta ancora la sua storia con le figure che restano: San Giuseppe, i tre Magi, il bue e l’asinello. E quella Madonna con Bambino, in parte rimaneggiata, ma sempre lì, al centro. Il presepe di Arnolfo non ha bisogno di narrazione, perché la sua lingua è quella della pietra e dello sguardo. Gli occhi dei personaggi si incrociano, si cercano, dialogano in silenzio. È un presepe muto ma eloquente, che continua a parlare a chiunque lo osservi con attenzione.
Francesco e il ritorno all’origine
Il fatto che Papa Francesco abbia detto – con la discrezione schiva che lo contraddistingue – di voler essere sepolto proprio nella Basilica di Santa Maria Maggiore non è solo un dettaglio biografico. È un segno. È un ritorno all’origine. È il gesto di un Papa che ha fatto della semplicità e del ritorno al Vangelo la cifra del suo pontificato. In quella Basilica si venera la Salus Populi Romani, l’icona alla quale si affida prima e dopo ogni viaggio. E accanto a quella icona c’è il presepe, primo tra tutti, silenzioso, scolpito, eterno. Lì dove l’arte non decora ma custodisce. Lì dove il marmo ha più voce delle parole. Lì dove il Natale non è una festa, ma un fatto che ancora ci riguarda.