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Elezioni 2022 - Lega: il miracolo della politica, la politica del miracolo

- di: Diego Minuti
 
Elezioni 2022 - Lega: il miracolo della politica, la politica del miracolo
Non c'è nulla da eccepire: l'idea degli strateghi della comunicazione politico-elettorale di Matteo Salvini ha il pregio di avere aperto un dibattito su se e come sia ragionevole tornare a usare la leva della religiosità popolare per farsi propaganda, agendo sulla sete di speranza che da sempre anima chi ha Fede.
Quel ''Credo'', che ormai fa da leit-motiv ad ogni esternazione del ''capitano'' e che lo candida a successore 2.0 di Pietro l'Eremita (quello della crociata dei pezzenti), è un evidente tentativo di mischiare sacro e profano, senza che questo debba muovere a sdegno o riprovazione qualcuno. Non è certo una novità che, quando si avvicina il voto, quello dei cattolici (o, come nel caso di Salvini, di quelli tradizionalisti) sia oggetto delle brame di quasi tutti. Negli anni '50/'60 le omelie erano strumento politico, come gli ammonimenti a guardarsi sempre le spalle anche nell cabina elettorale, perché laddove non c'era l'occhio di un estraneo, di certo c'era quello di Dio che male avrebbe sopportato un voto non andato alla Democrazia Cristiana.

Elezioni 2022 - Lega: il miracolo della politica, la politica del miracolo

Ma i tempi sono cambiati. Non sappiamo se si sono evoluti, ma certo sono cambiati perché la chiamata alle armi, sotto l'emblema della Croce, è una cosa che si era quasi dimenticata. Ma, se si vuole colmare il distacco da Giorgia Meloni (''Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana''), Salvini deve fare ricorso a tutti i trucchi del mestiere di un politico di professione, come quello di andare ad accreditarsi nei confronti di un elettorato tradizionalista, in religione e non in politica, sul quale fare colpo mostrandosi in video con alle spalle un parete zeppa di immagini sacre, che nemmeno in un santuario di montagna, sventolando e baciando un rosario e affidandosi ''al cuore immacolato di Maria''.

Cose che, certamente, sono dette e fatte in sincerità, ma che, se reiterate all'infinito in campagna elettorale, danno l'impressione di qualcosa fatta non per fede, ma per convenienza, in cui quasi si lascia intendere che la benevolenza che si potrebbe riservare a Salvini e alla Lega diventa uno strumento per riaffermare il sopito peso del cattolicesimo nel Paese. Un appello alla Fede popolare, facendo capire che, se Dio è con noi, il credente non può che fare una croce sul simbolo del carroccio.

Ma queste sono critiche grossolane. Per quelle serie basta rifarsi a quanto ha scritto don Giuseppe Lorizio, teologo della Pontificia Università Lateranense, su L'Avvenire: ''non è difficile pensare che dietro la scelta di un leader politico attento agli umori dei molti, in questo caso Matteo Salvini, vi sia un'accurata indagine del sentire del popolo, composto di eventuali elettori''.
Poco da aggiungere se non che Salvini ha seguito il suo istinto e questo per lui basta.

Condensare un messaggio politico in una sola parola non è cosa facile perché il rischio più evidente che si corre è quello di innescare battutine e distorsioni. Un ''Credo'' sparato sulle facciate della stazione di Milano (simbolo, per lui, del degrado urbano delle città) e dell'Agenzia delle Entrate (che il leghista ormai addita quotidianamente al pubblico ludibrio, giocando pericolosamente con l'esasperazione del popolo tassato) non è un messaggio solo politico, ma una promessa di futuri interventi che, nel solco delle politiche salviniane, non potranno che essere forti, rudi, ma soprattutto risolutivi. E quel ''Credo'' che ha campeggiato anche sul porto di Lampedusa, per Salvini ventre molle davanti all'invasione dei clandestini, mentre per questi ultimi è la speranza di un nuovo inizio, è, contestualmente, l'annuncio dell'espugnazione del Viminale e la fine della politica dell'accoglienza indiscriminata.
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